Sesta puntata della storia di Alina canterina la gattina che aveva un sogno!

Carissimi amici, bambine e bambini come avete trascorso la Santa Pasqua? Spero siate stati bene con i vostri cari, parenti e amici e che abbiate vissuto un tempo in cui ritrovare energia e pace interiore. Oggi continuiamo la storia di Alina. L’aspettavate? … Qualcuno mi ha scritto sollecitandomi, preoccupato che mi fossi dimenticata! Ma no! Eccoci qui alla scoperta delle nuove vicende dei nostri amici e di nuovi personaggi!

Un grande abbraccio dalla vostra Maestra Mariachiara 💗🌞🎵🌈

STORIA DI ALINA CANTERINA DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

MUZIO INVESTIGATORE D’ONORE – SESTO CAPITOLO

Mamma gatta coi suoi piccoli era arrivata davanti al portone d’ingresso e s’era fermata appena dentro, accanto al muro, per contarli mentre passavano salendo la gradinata: – Uno, due, tre… e il quarto?… Dov’era finito?… – C’erano i tre maschietti… Mancava solo… Alina!  Mamma gatta che di nome faceva Milù, accompagnò fino al quinto piano i suoi micetti.          

                                                                       

C’erano i tre maschietti! Mancava solo Alina!

La padrona di casa li fece entrare e loro andarono subito a bere dalle ciotole dell’acqua. Voi state qui buoni e riposate. Io torno indietro a vedere dove è finita vostra sorella! E con fare lesto, saltò velocemente giù dalla scala a due, tre gradini alla volta, finchè si ritrovò in strada. Mamma Milù era preoccupata e aveva il fiatone da quanto correva veloce per ripercorrere a ritroso tutta la via in cerca della sua gattina. Ma niente! In ogni angolo, in ogni cassonetto, in ogni viuzza, Alina non c’era. Tornò anche al “Caffè degli Artisti”: era pieno di gente che andava e veniva ma di Alina neppure l’ombra. Allora pensò di andare all’ “Ufficio Gatti smarriti” dove lavorava zio Muzio. Questo era un gatto nero, un po’ spelacchiato con una cicatrice che gli chiudeva un occhio e l’altro, verde smeraldo, affilato come una lama; aveva fatto una lotta furiosa con un doberman per difendere una vecchia gatta inerme e si vantava di averla spuntata contro quel molosso! L’aria misteriosa che lo caratterizzava, incuteva timore a chiunque lo incontrasse per la prima volta ma in realtà zio Muzio era buono come il pane e aveva un cuore tenero come il burro. Faceva del suo lavoro una missione, un punto d’onore nel riportare ai propri cari, i gatti smarriti, soprattutto i cuccioli che più facilmente degli altri, si perdevano.

Zio Muzio investigatore d’onore

Milù entrò affannata e affranta alla bettola e lo vide sotto la scala. Nel locale suonava una coinvolgente musica celtica un quartetto d’archi di gatti suonatori irlandesi che giravano l’Europa. Zio Muzio indossava un cappello scuro logoro a falda larga e gli scendeva dal collo una cravatta grigia con una righina gialla.

Sembrava arrabbiato e stava mollemente adagiato sul banco sopra cui campeggiava la targa in legno: “Ufficio Gatti smarriti”. A dispetto della cecità da un occhio, zio Muzio era un investigatore bravo come pochi e mamma Milù lo sapeva.                                                               – Zio Muzio! Zio Muzio!- lo chiamò concitata.                                      Zio Muzio la guardò preoccupato:- Mia cara Milù, che cosa succede?-

Si è persa Alina stamane! Alla prima uscita coi miei piccoli! Sono disperata! – Zio Muzio si fece serio, serio e volle che le raccontasse tutti i fatti: dall’inizio alla fine e dalla fine all’inizio, soffermandosi su ogni particolare. Mamma gatta non aveva fatto un lungo tratto di strada, quindi tutto si era svolto tra l’antico caseggiato dove abitava Milù coi suoi piccoli e l’Arena, fino al “Caffè degli Artisti”. Milù era la figlia di sua sorella ed era sempre stata una brava micia, gentile e a modo. Avrebbe fatto di tutto per aiutarla!

Milù la mamma di Alina è molto preoccupata.

Chiamò il suo fido compagno Mellom, un gatto tarchiato dalla voce bassa, roca e dagli occhi profondi e neri. La sua pelliccia era rossa con striature chiare e i baffetti aguzzi come spilli. Indossava una coppola in testa e teneva sul braccio una vecchia palandrana usurata. Il suo aspetto era severo.       

Mellom era un gatto tarchiato dalla voce bassa, roca e dagli occhi profondi e neri.

   Muzio gli spiegò l’accaduto insieme a Milù e lui annuì con il capo. Infine, i due detective diedero istruzioni a Milù: – Torna a casa! Bada ai tuoi piccoli. Avvieremo subito un’indagine. Verremo noi da te e ti terremo aggiornata! –  Così dicendo uscirono di corsa dal loro Ufficio lasciando mamma gatta con la speranza di rivedere presto la sua figliola! (Il racconto continua…) -tutti i diritti riservati-

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