STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago
GIGLIO CONIGLIO – CAPITOLO VENTICINQUESIMO
Era buio ormai e Alina si sentiva tutta intirizzita, il naso le gocciolava un po’ e anche gli occhi. Piangeva piano, senza far rumore. Nessuno la poteva sentire. Quella giornata si era presentata come una delle più radiose e invece… Aveva seguito Rinetta per fare uno scherzetto ad Ulrica ed un giretto intorno al bar verso la piazza però poi, aveva incontrato quella signora pennuta così, così …misteriosa e magnetica… Quell’uccello nero e bianco, le si era avvicinato mentre si trovava alla fontana in Piazza Bra con Rinetta.
Gazza Cunegonda guardandola fisso, aveva cominciato a sibilare con voce ondeggiante ed in modo sgradevole:- Alinaaaaa, Alinaaaaa… Sei tu la perduta gattinaaaa?… –
Alina al sentire quelle parole le era andata dietro e, passo dopo passo, completamente ipnotizzata; non si era accorta di aver lasciato sola Rinetta barboncina perfetta. Quella, ignara di tutto, aveva continuato a giocare e a nascondersi sotto i rami protesi e folti delle piante intorno alla fontana.
Lei invece aveva seguito come un automa, il pennuto, su, su, fino ai più alti rami del possente cedro, completamente in balìa della gazza. Gli occhi penetranti e lucidi di questa, roteavano. Alina rimase per ore persa e bloccata dentro a quei pozzi scuri e neri* che giravano vorticosamente. Ed ora, si era come ridestata e si sentiva male. Un po’ alla volta si guardò intorno. Vedeva sotto di lei piante e cespugli e tutt’intorno una vasto spazio ricoperto da mattonelle di porfido: Piazza Bra. Aveva la sensazione di non potersi muovere, vertigini e la testa che le girava.

Emise un suono, come un lamento. Forse stava per cadere. Riuscì solo a dire con un soffio di voce : – Aiutatemi – e sentì dissolversi, il mondo intorno. Precipitò dal ramo.
Per fortuna sbatte’ prima sulle foglie fitte dei cespugli, poi rotolò sull’erba. Finchè rimase a pancia in su. Aprì gli occhi: il cielo era puntellato da miriadi di stelline lontane. In quel momento sentì uno scalpiccio. Vide un angelo bianco che le si avvicinava.
-Ciao! Sono Giglio il coniglio. Che ti succede? Stai male? –
Alina riuscì a sentire queste parole, poi perse i sensi.
Intanto si avvicinavano nella notte, illuminata dai lampioni, quattro strani tipi: uno in volo e tre a zampa veloce.
Erano la gazza Cunegonda, zio Muzio, il gatto Mellom e Limone il topo. Cunegonda , voleva consegnare loro, Alina.

Il coniglio Giglio guardò i quattro che giungevano da lontano. D’istinto, trascinò Alina sotto i rami più bassi e fitti del grande cespuglio, in modo che nessuno potesse vederla né sentirla. Poi uscì dall’altra parte e si appostò dietro una panchina, per osservare cosa sarebbe accaduto. La gazza, volò sul ramo da cui era caduta Alina; appena si accorse che la gatta non c’era più cominciò a gracchiare sbattendo le ali nervosa.
– Era qui! Non è possibile! L’ho lasciata proprio qui, perfettamente immobile. Dove può essere finita? – Svolazzava intorno ai rami dell’albero nella speranza di trovarla.
Guardavano la scena a testa in su a bocca spalancata, fermi come peri, zio Muzio e gli altri due.
–Aspettate un attimo! – disse zio Muzio – …Sto fiutando l’odore di… –
A quel punto Giglio il coniglio, per evitare che si avvicinassero troppo ad Alina, uscì dal suo nascondiglio saltellando. Arrivato davanti a loro, si fermò; si mise a battere a terra le zampe posteriori ed emise un urlo stridulo e prolungato.
-Oh Ffsignore, che ffsuccede?– disse voltandosi Limone il topo.
-Ma è un coniglio bianco impaurito!– aggiunse Mellom.
-Ragazzo mio, – esclamò zio Muzio con aria compassionevole, – Stai bene? –
– Laggiù, laggiù, dietro il municipio! Un branco di cani mi assale !-
Il fato volle che proprio in quel momento si udissero latrati provenire da quel lato per cui zio Muzio comandò indicando con la mano:- Ritirata! Verso ovest! –
Tutti e tre i compari si misero a correre verso Viale Mazzini, inseguiti dalla gazza in volo. Dopo alcuni minuti le loro figure si erano dissolte come nebbia nel buio. Giglio coniglio saltellò dimenando il codino sotto i rami della grande pianta bassa e sollevò con delicatezza la testa di Alina.
Ed ecco, Alina aprì gli occhi e vedendo il suo angelo bianco, credette d’essere arrivata in cielo nel paradiso degli animali. ( Il racconto continua – tutti i diritti riservati)
NOTA: *I pozzi scuri e neri sono gli occhi ipnotici della gazza Cunegonda.
