Trentesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

UNA CORSA SFRENATA – TRENTESIMO CAPITOLO

Mentre la telecamera riprendeva Alina e la mandava in mondovisione, Achille Cheto, il direttore della Tv si era sfregato le mani tutto soddisfatto, pensando ai soldoni che avrebbe potuto fare portando in TV quella singolare cantante. Si era subito alzato e voleva assicurarsi di avere fra le mani quella “gallina dalle uova d’oro”! Contemporaneamente anche altri si mossero: Ulrica appena vide la sua gattina, saltò in piedi e indicandola disse ai genitori:- “ E’ Alina! E’ Alina! “-

Si alzarono dalle poltronissime e con il resto del gruppo al seguito, si avviarono verso l’uscita laterale chiedendo al personale di poter andare dietro le quinte, poichè la gatta apparsa in palcoscenico, era proprio la loro Alina che cercavano da giorni!

 Mamma Milù si trovava con gli altri nell’area ovest. Le venne un mezzo colpo al cuore vedendo la sua amata figlia  cantare e, insieme a zio Muzio, gatto Mellom, Limone il topo e tutti gli altri del gruppo, si avviarono, con la complicità del buio, per recarsi dietro il palco. Solo gazza Cunegonda volò silenziosamente con un colpo d’ali calibrato, direttamente dietro il palco e vide i due neri figuri rincorrere Alina e metterla nel sacco.

Anche Plato che si trovava coi suoi compagni nell’ala est dell’Arena, nel vedere Alina cantare, si sentì ancora più innamorato e un sentimento profondo pulsò nel suo cuore. Voleva proteggere Alina e riabbracciarla. Diede il segnale e con Din-Don pappagallo fricchetton, Quirino, Quartino e Questella i tre scoiattolini fratelli di Villa Sigurtà , Rinetta, Etta, i cugini Gennaro e Giggino e tutti gli altri del gruppo che si trovavano insieme, si mossero per andare dietro le quinte. Ivrino, gabbiano sopraffino, volò dritto sopra il palco e seguì con lo sguardo la nostra Alina che veniva rincorsa e acciuffata dai due tipacci. Incrociò lo sguardo con la gazza Cunegonda e l’una disse all’altra contemporaneamente: 

– Dobbiamo salvare Alina! – Rimasero entrambe sul posto a controllare la situazione.

Intanto Ulrica con la mamma e il papà, Titty e Vico, tata al seguito, Orfugio e il poliziotto, erano andati a parlare dietro le quinte con il primo attrezzista incontrato.

Era il giovinotto di prima, Andrea, che vedendo arrivare tutta quella gente,  sbarrò la strada intimando loro di rientrare in sala e di riprendere posto. Al che, Nora si  qualificò come pianista conosciuta dagli orchestrali e come proprietaria della gattina che aveva cantato sul palcoscenico. Ma non servì a niente. Anzi, arrivarono altre tre persone a bloccarli e a chiedere loro di tornare in platea. Finchè si udì una voce possente:

– Sono il vice-commissario Or-fu-giot-ti e voglio parlare subito con uno dei responsabili ! E’ questione di VITA o di MORTE! – disse allora il poliziotto col fido Orfugio al fianco. L’autorità con cui furono proferite queste parole, impressionarono gli attrezzisti; così, uno di loro andò a chiamare il direttore di scena.   

          

“…– Sono il vice-commissario Or-fu-giot-ti e voglio parlare subito con uno dei responsabili ! E’ questione di VITA o di MORTE! – disse allora il poliziotto…”

Intanto i due neri figuri, uno alto e smilzo, l’altro basso e grasso, erano scesi con Alina nel sacco, dalle scale antincendio per non essere visti e si diressero furtivamente  nella zona nord, fuori l’Arena. Era un cantiere recintato che serviva da deposito per le innumerevoli casse con cui venivano trasportati i pezzi delle imponenti scenografie.

I due aspettavano qualcuno ed erano nervosi. Dall’alto li tenevano d’occhio la gazza Cunegonda e il gabbiano Ivrino che per qualche magia, senza proferir discorso alcuno, erano diventati complici e  alleati. Si alzò il vento. Si udì una strana musica, come una nenia antica. Giunse dal nulla una donna, alta e sinuosa. Indossava una tuta attillata nera , sandali neri col tacco grosso e un blazer laminato scuro con un cappuccio. Non si vedeva il volto. Non emise nessun suono. Non una parola.  

I due quando la videro arrivare con passo agile e portamento fiero, si inchinarono e con un filo di voce il grasso dichiarò:-Oh mia signora! L’abbiamo catturata! Eccovi la gatta che canta! –

“…Giunse dal nulla una donna, alta e sinuosa. Indossava una tuta attillata nera , sandali neri col tacco grosso e un blazer laminato scuro con un cappuccio. Non si vedeva il volto. Non emise nessun suono. Non una parola…”  

La donna, prese il sacco, diede loro una borsa  con dei lingotti d’oro. Abbassò la mano puntando il dito contro i due in modo minaccioso. Ci furono luminose ed inquietanti scosse elettriche intorno a lei. Quelli si inginocchiarono tremando dalla paura e rimasero prostrati per alcuni minuti. La donna se ne andò con Alina e scomparve in un’auto che corse nel centro storico inseguita dai due uccelli. Si fermò davanti al Piazzale di Sant’Anastasia dove sorgeva il più lussuoso hotel della città; l’enigmatica figura scese, entrò e salì nella stanza 452 al terzo ed ultimo piano.  

Allora Cunegonda disse ad Ivrino:- Vai ad avvisare gli altri in Arena! Io rimango qui appostata sul cornicione da cui vedo chi entra e chi esce nella camera di quella malvagia! –

Ivrino tornò in Arena e trovò dietro le quinte tutti, ma proprio tutti gli amici di Alina.  

Il direttore di scena, esasperato, non sapeva più cosa fare per convincere il poliziotto e la famiglia di Ulrica che la gatta non era prevista in scena e dove fosse adesso, lui non lo sapeva proprio!

C’era anche Achille Cheto che, presentatosi ai genitori di Ulrica,  si era detto interessato a promuovere la carriera artistica di Alina. Ma nessuno gli dedicava attenzione. Dov’era la povera Alina??? Sembrava essere scomparsa un’altra volta!

Ivrino sussurrò qualcosa all’orecchio di Plato, che poi lo sussurrò all’orecchio di Rinetta e così via. Ci fu un passaparola di orecchio in orecchio, fra tutti gli animali: – Alina si trovava in un hotel nel centro storico!-Il messaggio arrivò per ultimo ad Orfugio cane segugio, che cominciò ad abbaiare in modo forte, sempre più forte, finchè il vice-commissario Orfugiotti capì che il suo compagno, era sulle tracce di Alina; lasciò il direttore di scena con un palmo di naso e se ne andò a gambe levate avvisando la centrale e seguendo il suo cane. Uscirono. Davanti a loro volava basso il gabbiano Ivrino che indicava la strada, dietro a lui Orfugio, poi il poliziotto, la mamma e il papà con Ulrica, la tata; seguivano Titti e Vico, la scimmietta Etta, zio Muzio con Mellom, Limone, mamma Milù, i suoi tre figlioli e Zeno il zanzarone. Correvano loro appresso: Plato gatto innamorato, i due cugini Gennaro e Giggino, Rinetta barboncina perfetta, i tre scoiattolini e per ultimo, sbatacchiando le ali con enorme fatica, Din-Don pappagallo fricchetton. Poverino, lui non era abituato a tanta attività fisica!

La strana carovana di gente e di animali che correvano in fila indiana per le strade del centro a tarda sera, incuriosì non poco gli abitanti ed i turisti di passaggio i quali guardavano a bocca aperta la scena!

“…La strana carovana di gente e di animali che correvano in fila per le strade del centro, a tarda sera, incuriosì non poco gli abitanti ed i turisti di passaggio che guardavano a bocca aperta la scena!…”

Finalmente giunsero al piazzale di Santa Anastasia. La gazza Cunegonda si trovava ancora appostata sul cornicione e appena li vide arrivare comunicò  ad Ivrino, che nessuno si era mosso dalla stanza. Orfugio, informato,  guidò il poliziotto dentro l’albergo, e silenziosamente arrivarono al terzo piano davanti alla porta della stanza 452. Il vice commissario puntò la pistola e disse:- Aprite! In nome della Legge!-  Di scatto si spalancò la porta e scivolò fuori quella strana donna senza volto che con una forte scarica elettrica fece cadere a terra immobile il malcapitato. Stava per andarsene dalla finestra col sacco in mano  e aveva già una gamba fuori quando Orfugio con un balzo, la raggiunse e le morse la caviglia; la donna cadde rovinosamente sul pavimento. Stava per rialzarsi ma, fortuna volle che in quel preciso istante arrivassero i rinforzi. I poliziotti mandati dalla centrale, arrestarono quella cattivona, le presero il sacco dalle grinfie e liberarono la povera Alina.

Alina frastornata e con gli occhi lucidi, guardò tutta quella gente intorno. Alzando la testa, vide entrare dalla porta mamma Milù e il cuore palpitò così forte finchè le sue emozioni si sciolsero in un fiume di lacrime. Piansero insieme. Piansero in molti. Milù  leccava Alina e la teneva stretta a sé. – Ti ho ritrovata!- disse infine Milù. – Non ho smesso un attimo di cercarti, figlia mia! –

Mamma! Mamma! – sussurrò Alina. Le lacrime scendevano copiose. Ulrica si avvicinò e accarezzò la sua amata gattina e anche Milù. Vico fece una bella foto di gruppo e il giorno dopo, Titti scrisse un articolo strappalacrime sulla vicenda che uscì su tutte le testate nazionali con echi mondiali. Eh già! Alina era ormai conosciuta e ammirata in tutto il pianeta!

“…Milù  leccava Alina e la teneva stretta a sé. – Ti ho ritrovata!- disse infine Milù. – Non ho smesso un attimo di cercarti, figlia mia! –…”

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