Blog

QUADRETTO DI PASQUA

Cari amici, vi propongo oggi un lavoretto che ho realizzato con i miei alunni per Pasqua.

STAMPA LA SAGOMA DEL CONIGLIETTO

OCCORRENTE: -Una tavoletta di compensato 12X 24 o a seconda del proprio gusto. -Colori a tempera; – pennelli; – sagoma di cartone; – pallina di cotone per la codina o fiocchi di neve già pronti in confezione; -gancetto di metallo con vite; –materiali di recupero ( noi abbiamo usato fili di lana); – cacciavite della misura giusta per le viti del gancetto; – pistola con colla a caldo.

PROCEDIMENTO: Prepara i colori che desideri utilizzare su apposite vaschette ed i pennelli. Appoggia sulla tavoletta di compensato la sagoma del coniglietto nella zona che più ti piace ( centrale, laterale …). Puoi anche fermarla con una punta di colla stick nella zona dove sarà poi attaccato il codino del coniglietto. Tienila con una mano e con l’altra dipingi con i colori e le sfumature che più ti aggradano. Finito, togli la sagoma e lascia asciugare. Una volta che il colore si sarà asciugato potrai fare altre decorazioni, sempre con la tempera. Consiglio, qualora piacesse o per rimediare ad eventuali sbavature, di ripassare con un pennarello la sagoma e di scrivere ” BUONA PASQUA ” con un bel pennarello colorato ed indelebile, dalla punta media. Col cacciavite sistema dietro al quadretto, in alto ed in centro, la vite sul gancetto che avviterai saldamente. Con la colla a caldo fissa il codino del coniglietto. Lega il filo di lana, facendo due o più giri intorno la tavoletta di legno e fissalo con un nodo. Puoi anche realizzare un fiocchetto con un colore diverso che annoderai sui fili di lana stesi in precedenza.

BUON DIVERTIMENTO!

LA SCIMMIA SCERIFFO TAISCET

Una storia per imparare i suoni con SCI SCE SCIE della lingua italiana. Racconto, video ed esercitazione didattica di Crescita e Didattica 😊 . Buon divertimento!

Trentunesima ed ultima puntata del racconto di Alina canterina.

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

ECCO LE NOVITA’ ! – TRENTUNESIMO CAPITOLO

Caro Diario,

abbiamo ritrovato Alina e con lei anche la sua mamma e tanti buoni amici. Pensa che la mamma di Alina abita vicino a noi in un vecchio caseggiato dietro l’Arena dove vive con gli altri tre figli e una simpatica signora che abbiamo conosciuto. Così possiamo farle visita e lei a noi. Ed è una cosa meravigliosa!

Però la cosa brutta  è che Alina era stata catturata da una donna cattiva e senza volto.  

La polizia l’ha arrestata, ma abbiamo saputo che quando hanno aperto il furgone per farla entrare in centrale e prenderle le generalità, lei era scomparsa come nebbia al sole. INCREDIBILE! Come puo’ una persona scomparire? … Nessuno sa chi sia, e come abbia fatto a fuggire. La mamma dice che quando usciremo d’ora in avanti dobbiamo sempre avere un occhio di attenzione in più, perché non si sa mai se quella donna, voglia riprovare a portarci via la nostra gattina!!! Spero proprio di no!

Comunque… Ci sono anche belle notizie! Dopo le riprese in Arena, dove Alina ha miagolato-cantando l’aria d’opera dell’Aida, abbiamo ricevuto tante mail e telefonate di gente che si è congratulata per la bravura della nostra canterina.

Nei giorni successivi si sono presentati anche una marea di agenti artistici, direttori di tv e di giornali, e altra gente così. Hanno proposto alla mamma e al papà di scritturare Alina.

I miei genitori non sapevano quale preferire tra loro, ma pensa un po’, è stata Alina a scegliere!

I vari direttori sono venuti a casa nostra su appuntamento.

Alina  se ne stava tranquilla sul divano incurante di quanto accadeva, finchè è arrivato un agente simpatico col ciuffo che gli cadeva sul naso. Lui ha proposto un contratto in cui Alina avrebbe cantato e la mamma suonato. Sentendo queste parole Alina gli è balzata felice in braccio e si è messa a cantare!!!

E’ stato straordinario!!!! Così mamma ed Alina faranno un tour di concerti e sarà data l’esclusiva ad una TV dove c’è un direttore davvero strano. Si gira e rigira sempre le mani e se non conosci il personaggio ti mette un po’ a disagio… Mi pare che si chiami Achille Cheto… E’ di sicuro tutto, fuorchè quieto, visto che non sta mai fermo!!!  Hahahahaha!                                             

                                          SMILE

Adesso Alina è qui con me sul mio letto e sta dormendo e anche Din-Don nel suo trespolo. Non vedo l’ora che spunti il giorno per andare a scuola e raccontare alla mia maestra e ai miei compagni, queste belle novità!

Chissà quali altre avventure ci aspettano!!!

Buona nanna!

                                                                        La tua Ulrica

Trentesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

UNA CORSA SFRENATA – TRENTESIMO CAPITOLO

Mentre la telecamera riprendeva Alina e la mandava in mondovisione, Achille Cheto, il direttore della Tv si era sfregato le mani tutto soddisfatto, pensando ai soldoni che avrebbe potuto fare portando in TV quella singolare cantante. Si era subito alzato e voleva assicurarsi di avere fra le mani quella “gallina dalle uova d’oro”! Contemporaneamente anche altri si mossero: Ulrica appena vide la sua gattina, saltò in piedi e indicandola disse ai genitori:- “ E’ Alina! E’ Alina! “-

Si alzarono dalle poltronissime e con il resto del gruppo al seguito, si avviarono verso l’uscita laterale chiedendo al personale di poter andare dietro le quinte, poichè la gatta apparsa in palcoscenico, era proprio la loro Alina che cercavano da giorni!

 Mamma Milù si trovava con gli altri nell’area ovest. Le venne un mezzo colpo al cuore vedendo la sua amata figlia  cantare e, insieme a zio Muzio, gatto Mellom, Limone il topo e tutti gli altri del gruppo, si avviarono, con la complicità del buio, per recarsi dietro il palco. Solo gazza Cunegonda volò silenziosamente con un colpo d’ali calibrato, direttamente dietro il palco e vide i due neri figuri rincorrere Alina e metterla nel sacco.

Anche Plato che si trovava coi suoi compagni nell’ala est dell’Arena, nel vedere Alina cantare, si sentì ancora più innamorato e un sentimento profondo pulsò nel suo cuore. Voleva proteggere Alina e riabbracciarla. Diede il segnale e con Din-Don pappagallo fricchetton, Quirino, Quartino e Questella i tre scoiattolini fratelli di Villa Sigurtà , Rinetta, Etta, i cugini Gennaro e Giggino e tutti gli altri del gruppo che si trovavano insieme, si mossero per andare dietro le quinte. Ivrino, gabbiano sopraffino, volò dritto sopra il palco e seguì con lo sguardo la nostra Alina che veniva rincorsa e acciuffata dai due tipacci. Incrociò lo sguardo con la gazza Cunegonda e l’una disse all’altra contemporaneamente: 

– Dobbiamo salvare Alina! – Rimasero entrambe sul posto a controllare la situazione.

Intanto Ulrica con la mamma e il papà, Titty e Vico, tata al seguito, Orfugio e il poliziotto, erano andati a parlare dietro le quinte con il primo attrezzista incontrato.

Era il giovinotto di prima, Andrea, che vedendo arrivare tutta quella gente,  sbarrò la strada intimando loro di rientrare in sala e di riprendere posto. Al che, Nora si  qualificò come pianista conosciuta dagli orchestrali e come proprietaria della gattina che aveva cantato sul palcoscenico. Ma non servì a niente. Anzi, arrivarono altre tre persone a bloccarli e a chiedere loro di tornare in platea. Finchè si udì una voce possente:

– Sono il vice-commissario Or-fu-giot-ti e voglio parlare subito con uno dei responsabili ! E’ questione di VITA o di MORTE! – disse allora il poliziotto col fido Orfugio al fianco. L’autorità con cui furono proferite queste parole, impressionarono gli attrezzisti; così, uno di loro andò a chiamare il direttore di scena.   

          

“…– Sono il vice-commissario Or-fu-giot-ti e voglio parlare subito con uno dei responsabili ! E’ questione di VITA o di MORTE! – disse allora il poliziotto…”

Intanto i due neri figuri, uno alto e smilzo, l’altro basso e grasso, erano scesi con Alina nel sacco, dalle scale antincendio per non essere visti e si diressero furtivamente  nella zona nord, fuori l’Arena. Era un cantiere recintato che serviva da deposito per le innumerevoli casse con cui venivano trasportati i pezzi delle imponenti scenografie.

I due aspettavano qualcuno ed erano nervosi. Dall’alto li tenevano d’occhio la gazza Cunegonda e il gabbiano Ivrino che per qualche magia, senza proferir discorso alcuno, erano diventati complici e  alleati. Si alzò il vento. Si udì una strana musica, come una nenia antica. Giunse dal nulla una donna, alta e sinuosa. Indossava una tuta attillata nera , sandali neri col tacco grosso e un blazer laminato scuro con un cappuccio. Non si vedeva il volto. Non emise nessun suono. Non una parola.  

I due quando la videro arrivare con passo agile e portamento fiero, si inchinarono e con un filo di voce il grasso dichiarò:-Oh mia signora! L’abbiamo catturata! Eccovi la gatta che canta! –

“…Giunse dal nulla una donna, alta e sinuosa. Indossava una tuta attillata nera , sandali neri col tacco grosso e un blazer laminato scuro con un cappuccio. Non si vedeva il volto. Non emise nessun suono. Non una parola…”  

La donna, prese il sacco, diede loro una borsa  con dei lingotti d’oro. Abbassò la mano puntando il dito contro i due in modo minaccioso. Ci furono luminose ed inquietanti scosse elettriche intorno a lei. Quelli si inginocchiarono tremando dalla paura e rimasero prostrati per alcuni minuti. La donna se ne andò con Alina e scomparve in un’auto che corse nel centro storico inseguita dai due uccelli. Si fermò davanti al Piazzale di Sant’Anastasia dove sorgeva il più lussuoso hotel della città; l’enigmatica figura scese, entrò e salì nella stanza 452 al terzo ed ultimo piano.  

Allora Cunegonda disse ad Ivrino:- Vai ad avvisare gli altri in Arena! Io rimango qui appostata sul cornicione da cui vedo chi entra e chi esce nella camera di quella malvagia! –

Ivrino tornò in Arena e trovò dietro le quinte tutti, ma proprio tutti gli amici di Alina.  

Il direttore di scena, esasperato, non sapeva più cosa fare per convincere il poliziotto e la famiglia di Ulrica che la gatta non era prevista in scena e dove fosse adesso, lui non lo sapeva proprio!

C’era anche Achille Cheto che, presentatosi ai genitori di Ulrica,  si era detto interessato a promuovere la carriera artistica di Alina. Ma nessuno gli dedicava attenzione. Dov’era la povera Alina??? Sembrava essere scomparsa un’altra volta!

Ivrino sussurrò qualcosa all’orecchio di Plato, che poi lo sussurrò all’orecchio di Rinetta e così via. Ci fu un passaparola di orecchio in orecchio, fra tutti gli animali: – Alina si trovava in un hotel nel centro storico!-Il messaggio arrivò per ultimo ad Orfugio cane segugio, che cominciò ad abbaiare in modo forte, sempre più forte, finchè il vice-commissario Orfugiotti capì che il suo compagno, era sulle tracce di Alina; lasciò il direttore di scena con un palmo di naso e se ne andò a gambe levate avvisando la centrale e seguendo il suo cane. Uscirono. Davanti a loro volava basso il gabbiano Ivrino che indicava la strada, dietro a lui Orfugio, poi il poliziotto, la mamma e il papà con Ulrica, la tata; seguivano Titti e Vico, la scimmietta Etta, zio Muzio con Mellom, Limone, mamma Milù, i suoi tre figlioli e Zeno il zanzarone. Correvano loro appresso: Plato gatto innamorato, i due cugini Gennaro e Giggino, Rinetta barboncina perfetta, i tre scoiattolini e per ultimo, sbatacchiando le ali con enorme fatica, Din-Don pappagallo fricchetton. Poverino, lui non era abituato a tanta attività fisica!

La strana carovana di gente e di animali che correvano in fila indiana per le strade del centro a tarda sera, incuriosì non poco gli abitanti ed i turisti di passaggio i quali guardavano a bocca aperta la scena!

“…La strana carovana di gente e di animali che correvano in fila per le strade del centro, a tarda sera, incuriosì non poco gli abitanti ed i turisti di passaggio che guardavano a bocca aperta la scena!…”

Finalmente giunsero al piazzale di Santa Anastasia. La gazza Cunegonda si trovava ancora appostata sul cornicione e appena li vide arrivare comunicò  ad Ivrino, che nessuno si era mosso dalla stanza. Orfugio, informato,  guidò il poliziotto dentro l’albergo, e silenziosamente arrivarono al terzo piano davanti alla porta della stanza 452. Il vice commissario puntò la pistola e disse:- Aprite! In nome della Legge!-  Di scatto si spalancò la porta e scivolò fuori quella strana donna senza volto che con una forte scarica elettrica fece cadere a terra immobile il malcapitato. Stava per andarsene dalla finestra col sacco in mano  e aveva già una gamba fuori quando Orfugio con un balzo, la raggiunse e le morse la caviglia; la donna cadde rovinosamente sul pavimento. Stava per rialzarsi ma, fortuna volle che in quel preciso istante arrivassero i rinforzi. I poliziotti mandati dalla centrale, arrestarono quella cattivona, le presero il sacco dalle grinfie e liberarono la povera Alina.

Alina frastornata e con gli occhi lucidi, guardò tutta quella gente intorno. Alzando la testa, vide entrare dalla porta mamma Milù e il cuore palpitò così forte finchè le sue emozioni si sciolsero in un fiume di lacrime. Piansero insieme. Piansero in molti. Milù  leccava Alina e la teneva stretta a sé. – Ti ho ritrovata!- disse infine Milù. – Non ho smesso un attimo di cercarti, figlia mia! –

Mamma! Mamma! – sussurrò Alina. Le lacrime scendevano copiose. Ulrica si avvicinò e accarezzò la sua amata gattina e anche Milù. Vico fece una bella foto di gruppo e il giorno dopo, Titti scrisse un articolo strappalacrime sulla vicenda che uscì su tutte le testate nazionali con echi mondiali. Eh già! Alina era ormai conosciuta e ammirata in tutto il pianeta!

“…Milù  leccava Alina e la teneva stretta a sé. – Ti ho ritrovata!- disse infine Milù. – Non ho smesso un attimo di cercarti, figlia mia! –…”

Ventinovesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

AIDA IN SCENA! – VENTINOVESIMO CAPITOLO

Oh issa! Oh issaaaa! – pronunciò a voce alta coniglio Giglio, mentre spingeva una cassa  d’imballaggio insieme alla sua compagna Aljssa. Dovevano coordinarsi e lui dava il segnale.

Ecco, qui va bene! – asserì posizionandola in un angolo della sua tana.

Vi metteremo dentro i nostri coniglietti, così quando stasera ci sarà gran confusione, rimarranno in casa e noi li proteggeremo!

Certo amore mio, – rispose Aljssa congiungendo le zampine anteriori in segno di affetto, – …Non vogliamo certo rischiare che escano di sopra attratti dalla musica e incorrano in qualche guaio!! –

Si avvicinava l’ora del grande concerto e fuori rumoreggiava la folla che cominciava ad entrare in Arena. La famiglia dei conigli sarebbe rimasta rigorosamente nei sotterranei e fino a spettacolo chiuso e lavori finiti, non si sarebbe mossa da lì. Giglio per l’occasione aveva portato, delle carotine fresche e dell’erbetta, colta nei giardini di Piazza Bra, un po’ d’acqua dalla fontana. Così avrebbero trascorso una bella seratina tutti insieme! Avevano invitato anche Alina ma lei rispose:- Vi ringrazio di cuore, davvero… però… andrò al Concerto. Ho sognato fin da cucciola di esserci e ora che il destino mi ha portata sin qui, non posso rinunciarvi. – I conigli guardarono scoraggiati Alina e non le dissero nulla. Alina li ringraziò. Diede una carezza ai piccoli, li salutò e uscì.

“…Giglio per l’occasione aveva portato, delle carotine fresche e dell’erbetta, colta nei giardini di Piazza Bra, un po’ d’acqua dalla fontana. Così avrebbero trascorso una bella seratina tutti insieme! …”

     Cercò le vie secondarie per non incontrare la moltitudine di gente che stava occupando     i posti. Pensò che l’area dietro al palcoscenico fosse la più sicura e così si diresse verso quell’ala rimanendo nel sotterraneo per poi salirvi quatta, quatta.

Una volta raggiunto il piano da cui si poteva accedere facilmente al palcoscenico, vide gli attrezzisti che portavano gli oggetti in scena, poi il costumista che controllava gli abiti su un gruppo di  attori e cantanti sotto l’occhio attento del direttore di scena. I tecnici si trovavano pronti per accendere le luci più sfavillanti, i cameramen fremevano per iniziare le riprese che sarebbero state viste dal mondo intero e il regista  si assicurava che tutti fossero al loro posto. I musicisti erano perfetti nei loro vestiti eleganti e raffinati, pronti per scendere nella buca d’orchestra o golfo mistico*1. Alina si commosse: – Davvero si trovava lì, in quella straordinaria situazione?- Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse che le luci si stavano abbassando. Vide uscire dai camerini le due protagoniste femminili della serata: Aida figlia del re d’Etiopia, fatta schiava ed ancella della principessa Amnerys, e quest’ultima, figlia del faraone d’Egitto. La prima indossava un vestito scuro a frange, tipico delle serve di corte egizia e la seconda, abiti regali, meravigliosamente decorati. L’ opera stava per iniziare e l’emozione degli artisti e l’attesa del pubblico, erano palpitanti e tangibili. Alina ebbe un sussulto. Sgattaiolò lesta, dall’altra parte,  da cui poteva vedere il palcoscenico; ora, a luci spente, nessuno l’avrebbe notata. Si affacciò; lo scenario che le si presentò era spettacolare: piramidi dorate che si stagliavano su un cielo blu, immense statue di pietra e templi giganteschi. Ecco l’antico Egitto! Ecco ricostruito il luogo dove si svolge la tragica storia d’amore di Aida! Alina senza fiato e con gli occhi spalancati guardava immobile e ascoltava il suono delicato, melanconico e struggente dei violini in sordina del Preludio.*2

“…Lo scenario che le si presentò era spettacolare: piramidi dorate che si stagliavano su un cielo blu, immense statue di pietra e templi giganteschi. Ecco l’antico Egitto!…”

Ecco la storia… Nel palazzo del faraone a Menfi viveva Aida, figlia del re d’Etiopia, fatta prigioniera come serva. Nessuno, sapeva chi fosse veramente. Suo padre, Amonasro, voleva fare un’incursione in Egitto per liberarla.  Lei si era innamorata del guerriero egizio Radames e ne era ricambiata ma aveva una rivale: Amnerys la figlia del faraone. Costei  intuì la tresca tra i due e si finse sua amica solo per strapparle la verità…

Alina era così presa dalla vicenda da non rendersi conto di cantare sottovoce le arie che conosceva benissimo. Andrea, giovane aiutante di scena stava passando con uno sgabello in mano e sentì il miagolio. In quel momento, Alina tacque. Lui si sporse sopra di lei ma siccome era in silenzio nel buio, pensò di aver avuto le allucinazioni e  se ne andò per la sua strada. Alina si rese conto del pericolo e successivamente si trattenne dal cantare. L’aveva scampata bella!  

Intanto Radames era stato scelto per guidare gli eserciti dell’Egitto contro l’Etiopia. Amnerys aveva finto con Aida che Radames fosse morto in battaglia e questo portò Aida a manifestare il suo amore per lui. La figlia del faraone aveva sostenuto la sua superiorità rispetto ad una serva ma Aida allora, aveva svelato d’essere figlia del Re d’Etiopia, cosa di cui si pentì. Infatti Amnerys la obbligò ad assistere al trionfo degli Egizi sul suo popolo.

La marcia trionfale esplose sensazionale e solenne. Lunghe trombe, simili a quelle antiche egiziane suonavano da tutti i lati del tempio insieme a tutta l’orchestra. L’effetto sonoro meraviglioso. Alina si sentiva entusiasta e turbata al tempo stesso. Quel racconto, le voci del coro, la musica viva e presente, le procurarono un turbinio di emozioni e la fecero trepidare.

Tra i prigionieri etiopi, Aida riconobbe il padre Amonasro e lo abbracciò. Il faraone riconoscente a Radames lo dichiarò suo successore e gli concesse la mano di sua figlia…

Alina si nascose e si asciugò le lacrime. Le luci si riaccesero per la pausa. Dopo più di mezz’ora, lo spettacolo riprese. Alina questa volta volle avvicinarsi alla scena. Di più, di più, ancora di più. Arrivò proprio dietro alla colonna del tempio di Iside in riva al Nilo…

In una notte stellata, splendeva la luna. Una barca approdò silenziosa sulle rive sacre. Guidata dal gran sacerdote, Amneris levò preghiere alla dea perché proteggesse le sue nozze imminenti.

Quella notte, sulle stesse sponde, Aida attendeva Radamès, rimpiangendo la patria perduta… I violini e gli archi intessero una delicata e soave melodia. Aida cominciò a cantare, diceva che non avrebbe mai più rivisto la sua patria. Alina ripeteva a mente ogni suono, ogni parola e provava lo struggimento di Aida per non poter più rivedere i cieli azzurri della sua amata terra. All’improvviso, nel momento dell’acuto, la cantante ebbe un mancamento. Ma l’acuto ci fu comunque. Il canto proseguì anche se la cantante era appoggiata alla colonna ed era accasciata alla sua destra. Il direttore di scena se ne accorse per primo e disse al tecnico delle luci: “ Sposta il faro più a destra! “ Quello lo fece, ed ecco: c’era un gatto che miagolava cantando sopra un rocchio *3. – Ossignore! E quello cos’è? – Disse il regista grattandosi il capo calvo, mentre una goccia di sudore gli scivolava sulla fronte. Un lungo: – Oooooooohhhhh! – del pubblico, seguito da un intenso chiacchiericcio. Stava per partire il personale medico quando la soprano si riprese. Alzando il braccio continuò il canto. L’occhio di bue si spostò su di lei e lo spettacolo continuò regolarmente. Venti, forse trenta secondi, non di più.

Alina si rese conto di averlo fatto un’altra volta! Aveva miagolato l’aria d’opera!  

Solo che stavolta l’avevano vista e sentita tutti!

Scese dal basamento della colonna e cercò di uscire da dietro il palco ma s’imbattè in  due brutti ceffi che volevano prenderla: uno aveva una cosa nera in mano. Aiuto! In che guaio s’era cacciata? Schivò il primo tizio ma il secondo, ancora più minaccioso, le piombò sopra e la mise nel sacco!

“…C’era un gatto che miagolava cantando sopra un rocchio …”

*1 LA BUCA O FOSSA DELL’ORCHESTRA SI CHIAMA GOLFO MISTICO= Questa espressione traduce liberamente il tedesco “mystisches Abgrund” (abisso mistico) nome con cui R. Wagner volle chiamare lo spazio destinato agli orchestrali del teatro costruito secondo le sue idee a Bayreuth.

*2PRELUDIO= E’ l’introduzione ad un componimento musicale, in questo caso dell’opera dell’Aida.

*3 ROCCHIO=Un rocchio (anche detto tamburo di colonna) è ciascuno dei blocchi di pietra, a forma cilindrica, che possono comporre il fusto di una colonna.

Ventottesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

TRE SQUADRE IN RICERCA – VENTOTTESIMO CAPITOLO

Nel frattempo Mamma Milù con i figli e Zeno il zanzarone al seguito, era corsa da  zio Muzio per raccontargli del sogno. Lì, trovò anche Mellom, Limone e Cunegonda la gazza.

Zio Muzio, zio Muzio! Ho sognato Alina stanotte! Credo sia in terribile pericolo!- Disse quasi gridando Mamma gatta mentre entrava nell’  ”Ufficio Gatti smarriti”.

Cara Milù hai sognato di scalare una montagna ed era notte? – rispose zio Muzio guardandola fissa.  Milù sbarrò i suoi grandi occhi grigioverdi.

E… Alina saliva sopra una roccia e cantava?- Continuò Mellom con aria interrogativa.

…Poi c’era una strana donna in cielo che diceva frasi incomprensibili…. – aggiunse Limone dilatando le pupille per la meraviglia.

…E un figuro nero con lunghi artigli, voleva farle del male? – finì Cunegonda con voce stridula.

Si guardarono l’un l’altro sbalorditi! Ma come!?  Avevano fatto tutti il medesimo sogno, durante la stessa notte!?! Non era possibile! E soprattutto, cosa voleva significare?

“…Si guardarono l’un l’altro sbalorditi! Ma come!?  Avevano fatto tutti il medesimo sogno, durante la stessa notte!?!…”

    Zio Muzio si ricordò del terribile incontro con la maga di Piazza Bra e affermò con decisione: – La donna che abbiamo visto apparire nel cielo è la terribile Maga Bumà!     Ci vuole dire che presto troveremo Alina … Ma c’è un pericolo in agguato! –

Credi davvero?- chiese il topo sbalordito. – E dove potrebbe essere quella montagna ?- continuò  Limone riprendendo il suo atteggiamento da detective.

 – La Montagna… – rispose zio Muzio sovrappensiero.  Poi riprese:– …Credo sia il simbolo di tutte le difficoltà  che abbiamo dovuto superare e che ci aspetteranno prima di incontrare di nuovo Alina. Bisogna invece concentrarci sul luogo di pietra, dove abbiamo visto Alina cantare in mezzo a tanta gente – concluse.

Ho un’idea! Venite con me!- rispose mamma gatta. Così partirono tutti insieme in fila uno dopo l’altro con Milù in testa.

Intanto anche nel grande Palazzo a casa di Ulrica, si svegliarono tutti. Mamma e papà raccontarono di aver fatto un sogno. La cosa incredibile era che lo aveva avuto anche la bambina. Stesso, identico sogno! Il medesimo che avevano fatto  mamma gatta e  tutti gli altri.                

Poi arrivò la tata. Anche lei raccontò di aver avuto durante la notte quel sogno. Infine arrivarono anche il poliziotto con Orfugio cane segugio; anche a loro era apparsa la stessa visione notturna. Si misero tutti a raccontare e a discutere per capire cosa volesse dire loro quel sogno e dove fosse Alina. Anche Titti quel mattino, telefonò a Vico  e meravigliati per aver sognato la stessa cosa,  partirono verso la casa di Ulrica e famiglia.

Persino Din-Don che non si allontanava mai dal suo trespolo ed era solitamente mezzo addormentato, volò fuori dal terrazzo e vide che sotto casa si erano riuniti Plato gatto innamorato, Etta la scimmietta, Ivrino gabbiano sopraffino, Rinetta barboncina perfetta, Gennaro e Giggino i due cugini gatti napoletani e persino Festone gatto birbone.            

Con uno sforzo sovrumano anzi, sovrapappagallesco, si catapultò giù da loro, rischiando di stramazzare al suolo. Tutti lo soccorsero e appena si riprese, raccontò il suo sogno che, come potrete immaginare era lo stesso di tutti gli altri!

“…Persino Din-DonCon uno sforzo sovrumano anzi, sovrapappagallesco, si catapultò giù da loro, rischiando di stramazzare al suolo…”

Due ore prima a qualche chilometro di distanza, erano saliti sul  treno diretto a Verona, i tre fratellini scoiattolini: Quirino Quartino e Questella che giunti in città, si unirono alla strana combriccola.

Una forza misteriosa e potente aveva fatto avere loro quella visione nel sonno e li aveva spinti a riunirsi per aiutare la loro amica.

Così, c’erano tre squadre di soccorso alla ricerca di Alina. Avevano cercato Alina nelle principali piazze della città, Ma di lei nessuna traccia. Finchè all’imbrunire, notarono le lunghe  file di persone che entravano dalle porte dell’Arena per l’Opera. Ma certo! Quella sera c’era L’Aida! Compresero solo in quel momento che il luogo pieno di pietre antiche del sogno, era proprio la meravigliosa Arena di Verona.

“..C’erano tre squadre di soccorso alla ricerca di Alina…. Finchè all’imbrunire, notarono le lunghe  file di persone che entravano dalle porte dell’Arena per l’Opera”…

Così, chi in modo legale, pagando il biglietto, chi in modo illegale, entrando di nascosto o volando direttamente sopra il palco, i tre gruppi dei nostri amici, gli uni all’insaputa degli altri, entrarono in Arena per il grande concerto lirico della stagione con la speranza di poter ritrovare l’amata Alina.

Ventisettesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

NEGLI ANTICHI ACQUEDOTTI – VENTISETTESIMO CAPITOLO

Giglio il coniglio aveva condotto Alina mentre era svenuta, nella sua tana, che si trovava nei sotterranei dell’Arena. Da lì passavano gli antichi acquedotti romani, di cui ancora adesso vi sono i resti di condotte, collegate ad un pozzo centrale che anticamente prendeva l’acqua direttamente dal fiume Adige*.              

Giglio viveva in quel luogo con la famiglia da un po’ di tempo, poco prima che la sua fidanzata Aljssa, lo facesse diventare papà di tre bellissimi coniglietti, vispi e bianchi.       

  – Ohi! Ohi! – si lamentò con un filo di voce Alina, cercando di aprire gli occhi.  

 Il ticchettìo delle gocce d’acqua che scendevano dai blocchi di pietra l’aveva svegliata. Vedeva sfuocato e le pulsava un forte dolore in testa.

Alzando leggermente il capo disse con voce flebile:- Dove sono capitata? – Ancora non riusciva a mettere a fuoco, ma s’accorse di essere in penombra.

-Ciao! Sono Giglio il coniglio! Ti ricordi di me?- Alina si sforzò di ricordare…  Era il suo angelo bianco? Ma dove si trovava? Il paradiso non doveva essere un luogo luminoso? Vedeva tutto buio e sentiva degli strani versi.       

Una scarica d’adrenalina la fece alzare di scatto come se avesse preso una scossa e si mise in posizione d’attacco. – SCCCSSSSSS –  soffiò forte verso il coniglio.

Questi prese un tale spavento che con un balzo si riparò dietro la parete rocciosa e borbottò forte: – E per fortuna che ti sei ripresa! Sono contento per te ma adesso non essere ingrata con chi ti ha aiutato!-                              

Alina, sentendo quelle parole, si ravvide e diventando più mansueta chiese:

– Davvero mi hai aiutata? Ma chi sei? Dove siamo qui?-  Giglio coniglio le narrò quanto era accaduto. Alina ascoltava.

Si sentì una tromba suonare. Poi un trombone. Poi un’intera sezione di fiati: -POROPOPOPOPOPOPOPO –  PIRIPIPI – PIRIPIPIPI – PIRIPIPIPI –

Giglio vide la faccia stupefatta di Alina e la rassicurò:- Non preoccuparti sei a casa mia, nei sotterranei dell’Arena di Verona. Qui non viene mai nessuno!

Di sopra stanno provando da giorni. E oggi in particolare, perché stasera si terrà un grande concerto. Io sono Giglio il coniglio, lei è la mia compagna Aljssa e loro sono i nostri tre figlioletti: Bric, Broc e Brac! –

I piccoli fecero un grazioso inchino e Alina ricambiò. Ora si ricordava: era stata condotta sull’albero da quella ipnotica, gazza, malefica. In sua completa balìa. Poi era diventato tutto buio. Aveva visto un angelo bianco, poi buio di nuovo; ed ora…  Eccolo lì, il suo angelo era quel coniglio dall’aria buffa e bonaria.

…. – Io sono Giglio il coniglio, lei è la mia compagna Aljssa e loro sono i nostri tre figlioletti: Bric, Broc e Brac! –

Dimmi… Da chi mi hai salvata? –

Ecco… – rispose Giglio il coniglio muovendo il capo – …da quattro tipi  biechi ed ostili che volevano prenderti: due gatti, un topo ed una gazza! Con uno stratagemma sono riuscito a farli scappare e ti ho portato in questo posto sicuro perché tu possa rimetterti! –

Mentre così diceva, il suono estasiante e dolce degli archi inondò tutto l’antro sotterraneo in cui si trovavano.

Alina dimenticò ogni cosa\ e cominciò a saltare e correre per andare a vedere chi fossero gli artefici di quelle note meravigliose. Era inseguita da Giglio che ansimando supplicava:- Non farti vedere da quelli! Ci scopriranno e faremo una brutta fine!  Ti prego! – Alina si fermò di botto e guardando Giglio tutto paonazzo e ansioso, disse:

-Tu rimani qui! Ti prometto che darò solo una sbirciatina senza farmi scoprire! – Così Giglio tornò dai suoi, pregando il cielo che nessuno vedesse la giovane gatta, mentre Alina, divenuta improvvisamente agile e leggera sulle ali della musica, salì senza alcuno sforzo, sui gradini che davano nella spettacolare platea dell’Arena di Verona. Era quasi il mezzogiorno e il sole sorrideva in cielo con grande lucentezza. Sul palco vi erano sfingi maestose e dorate tipiche dell’antico Egitto. Il cuore di Alina aveva i battiti accelerati.

Ebbe un mancamento. Quante volte aveva desiderato di trovarsi esattamente lì,  nel sacro tempio della musica, tra i grandi artisti ? Mentre si beava della sinfonia, inciampò su una pietra convessa e cadde sbattendo più e più volte i glutei su di essa. Si tappò la bocca per non far uscire il grido di dolore. Nessuno doveva sentirla né vederla.

Sul palco vi erano sfingi maestose e dorate tipiche dell’antico Egitto. Il cuore di Alina aveva i battiti accelerati.
Ebbe un mancamento. Quante volte aveva desiderato di trovarsi esattamente lì,  nel sacro tempio della musica, tra i grandi artisti ???…

In quel momento l’esecuzione terminò. I musicisti un po’ alla volta, si defilarono con un allegro chiacchiericcio mentre salivano sul palco e sulle gradinate a nord, i tecnici delle luci ed i cameraman della tv, che iniziarono le prove tecniche.   Infatti quell’evento sarebbe stato mandato in diretta TV, in mondovisione.

Gli occhi incantati di Alina si persero nelle bellissime e sontuose scenografie, dove lo sguardo solenne delle  sfingi e le sale di palazzo decorate da pittogrammi, la lasciarono senza fiato. Dalla fontana che era stata installata, zampillava lentamente l’acqua cristallina.                                             

Gli occhi incantati di Alina si persero nelle bellissime e sontuose scenografie, dove lo sguardo solenne delle  sfingi e le sale di palazzo decorate da pittogrammi, la lasciarono senza fiato.

 Arrivò sul palco poco dopo, un uomo alto e distinto cui tutti rivolgevano particolare attenzione. Impartiva comandi con voce profonda e bassa e si rigirava le mani soddisfatto con un ghigno sul volto.

Ad Alina quest’ultimo, fece un po’ impressione perchè le trasmetteva una certa inquietudine ma, essendo lei convalescente, pensò di essere particolarmente sensibile a tutto e così decise di non farci caso e di  tornarsene sotto da Giglio il coniglio. Quella sera, voleva assistere allo spettacolo senza dare nell’occhio. Così scelse un posticino nascosto e laterale al palcoscenico. Lì  gli spettatori non avrebbero potuto sedere. Doveva stare molto attenta però  a non farsi beccare da nessuno altrimenti avrebbe messo in pericolo la famiglia del suo amico.

Ventiseiesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

IL SOGNO – CAPITOLO VENTISEIESIMO

Quella notte Milù sognò che stava scalando una montagna ed era buio. Con grande fatica, saliva e si doveva destreggiare molto per superare le asperità. Arrivata sulla cima, le appariva un luogo familiare, pieno di gente. Nel cielo comparve l’immagine di una strana donna col capo coperto da un fazzoletto colorato.

Le braccia ingioiellate erano rivolte verso di lei e pronunciava con voce flebile, acuta e modulata, strane parole:- “Se alla stella vuoi arrivareee, fin al ciel dovrai tornareee…” Il volume della voce si abbassava fino a non sentirla più. Poi di nuovo sottovoce :- Sararìraaa! Sararà! Ogni cossaaaa svelataa sarà!- e scomparve.

Comparve l’immagine di una strana donna col capo coperto da un fazzoletto colorato … e pronunciava con voce flebile, acuta e modulata, strane parole

Milù guardò in basso. Prima a destra e poi a sinistra. Finchè vide lei! La sua  amata figlia! Saliva con passo lento, sopra una roccia marmorea e si metteva dritta sulle zampe flessuose, in modo maestoso.

Il suo musetto esprimeva grande gioia, mentre un canto soave le usciva dalla bocca. Alla fine, eccoli tutti felici! Eppure sovrastava su tanta contentezza, una funesta ed oscura ombra nera. Allungava i suoi artigli verso Alina la quale, ignara, continuava a cantare.                                                           

Milù avrebbe voluto fare qualcosa! Avvisarla dell’imminente pericolo ma… Quel luogo divenne sempre più lontano e la voce di Alina sempre più distante. Irraggiungibile.

Mamma gatta si svegliò di soprassalto:- Maaaaaaoooooooooo!- Emise un lungo gemito, addolorata. Era piena di spavento e sudava.

Si guardò attorno. Era lì a casa sua, dentro la cesta.

Milù avrebbe voluto fare qualcosa! Avvisarla dell’imminente pericolo ma… Quel luogo divenne sempre più lontano e la voce di Alina sempre più distante. Irraggiungibile.

Anche i suoi figli che stavano dormendo poco distanti da lei, si erano destati all’improvviso e con gli occhi sbarrati dicevano l’un l’altro: – Hai sognato anche tu Alina? … C’era un’ombra terrificante che voleva portarsela via! –

– … C’era un’ombra terrificante che voleva portarsela via! –

Quel sogno era sembrato a tutti così reale!                                                           Milù incredula pensò:- Possibile che abbiamo avuto tutti la stessa visione ?

Così, appena spuntò l’alba la mattina seguente, Milù decise di andare da zio Muzio ad avvisarlo!

  Certo non si aspettava di scoprire che anche lui aveva sognato la stessa storia. E non solo lui!

Infatti quel mattino dai vari quartieri della città e dai centri intorno,  tutti gli amici di Alina si misero in viaggio, spinti da una misteriosa forza interiore, alla ricerca della loro amica.

Aleggiava nell’aria la paura di un imminente pericolo ed erano preoccupati per Alina. Bisognava rintracciarla e scoprire dove fosse. Al più presto!