OCCORRENTE: -Una tavoletta di compensato 12X 24 o a seconda del proprio gusto. -Colori a tempera; – pennelli; – sagoma di cartone; – pallina di cotone per la codina o fiocchi di neve già pronti in confezione; -gancetto di metallo con vite; –materiali di recupero ( noi abbiamo usato fili di lana); – cacciavite della misura giusta per le viti del gancetto; – pistola con colla a caldo.
PROCEDIMENTO: Prepara i colori che desideri utilizzare su apposite vaschette ed i pennelli. Appoggia sulla tavoletta di compensato la sagoma del coniglietto nella zona che più ti piace ( centrale, laterale …). Puoi anche fermarla con una punta di colla stick nella zona dove sarà poi attaccato il codino del coniglietto. Tienila con una mano e con l’altra dipingi con i colori e le sfumature che più ti aggradano. Finito, togli la sagoma e lascia asciugare. Una volta che il colore si sarà asciugato potrai fare altre decorazioni, sempre con la tempera. Consiglio, qualora piacesse o per rimediare ad eventuali sbavature, di ripassare con un pennarello la sagoma e di scrivere ” BUONA PASQUA ” con un bel pennarello colorato ed indelebile, dalla punta media. Col cacciavite sistema dietro al quadretto, in alto ed in centro, la vite sul gancetto che avviterai saldamente. Con la colla a caldo fissa il codino del coniglietto. Lega il filo di lana, facendo due o più giri intorno la tavoletta di legno e fissalo con un nodo. Puoi anche realizzare un fiocchetto con un colore diverso che annoderai sui fili di lana stesi in precedenza.
STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago
ZENO SERENO – DICIASSETTESIMO CAPITOLO
Cari bambini vi ricordate Milù, la mamma di Alina? E i suoi fratelli?… Ebbene, in tutto questo tempo avevano continuato a fare la vita di sempre, sù, nell’appartamento all’ultimo piano dell’ antico caseggiato vicino alle mura costruite dall’imperatore Gallieno, dietro l’ Arena di Verona.
In tutto questo periodo Milù aveva continuato a pensare alla sua Alina e frequentemente andava da zio Muzio per sapere se ci fossero delle novità sul suo ritrovamento. C’erano degli indizi che facevano ben sperare ma nulla di più.
Erano passati alcuni mesi dalla scomparsa di Alina e mamma gatta non aveva mai perso la fiducia di ritrovare la sua figlioletta. Era arrivata l’estate e i fratelli di Alina erano cresciuti e avevano cominciato ad uscire da soli dalla casa. Chissà come si era fatta grande anche la sua Alina, chissà se aveva degli amici e usciva con loro, chissà se c’era qualcuno che si prendeva cura di lei…
Ogni tanto Milù diventava triste e non mangiava più tanto; allora la sua coinquilina umana le diceva:- Su , su mia cara Milù, mangia qualcosa e bevi altrimenti diventerai magra e senza forze e lo sai che ti vogliamo tutti bene!
Allora mamma gatta sospirava e andava a bere un po’ di latte.
Quella notte stava dormendo tranquilla sul divano quando fu svegliata da un ronzio insistente.- Zzzzzzzzzzzz… Zzzzzzzzzzzz…Zzzzzzzzzzzz –
Aprì un occhio e non vide niente.
Poi udì di nuovo: -Zzzzzzzzzzzz… Zzzzzzzzzzzzzz –
Aprì entrambi gli occhi e vide un insetto dalle dimensioni inaspettate che si avvicinava a lei volando: aveva due grandi occhi fuori dalle orbite , un nasone lungo e appuntito, le gambe rinsecchite e cadenti che penzolavano di qua e di là. Com’era possibile che ali tanto strette e sottili potessero sorreggere un essere così voluminoso?
Mamma Milù si alzò di soprassalto e tirò fuori gli artigli mentre quello le veniva incontro.
– Schhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh- soffiò contro di lui.
…un insetto dalle dimensioni inaspettate …si avvicinava a lei volando: aveva due grandi occhi fuori dalle orbite , un nasone lungo e appuntito, le gambe rinsecchite e cadenti che penzolavano di qua e di là.
L’essere misterioso e nero, la sorvolò con noncuranza e andò a posarsi sul muro. Milù girò la testa per guardarlo: aveva un aspetto davvero sgradevole e fastidioso. Milù era pronta a saltargli addosso quando quello disse:
– Zzzz …Gentile signora… Zzzz… mi scuso enormemente per il disturbo che le arreco… Zzzz… Purtroppo il vento stasera mi ha spinto qui…Zzzz e io…Zzzzz mi sono ritrovato in questa stanza che dà sul terrazzo… Zzzz …. La porta era aperta…Zzzzz e io senza volere…Zzzz l’ho disturbata…Zzzz col mio…. Zzzzz ….ronzio…..Zzzzz –
Gli occhi di Milù si allargarono diventando grandi per la sorpresa. Quello strano tipo era davvero gentile a dispetto delle sue sembianze! Così si tranquillizzò e rispose con garbo: – Sì, in effetti mi sono spaventata e mi ha svegliato. Mi rimetterò comoda a dormire ma mi dica: chi è lei?- Quello rispose con una filastrocca in rima e senza nessun ronzio :
-“ Io sono Zeno
zanzarone sereno !
Sono magro e grande,
faccio tante domande,
a dispetto di tutti
io amo i costrutti,
son paroliere elegante
ingegnere affascinante
dei bei modi faccio il pieno,
io sono Zeno,
il vostro
zanzarone sereno! “
Per servirla milady! –
Lo disse con voce bassa e facendo un profondo inchino che fece sorridere Milù; infatti era alquanto goffo e scoordinato, però era davvero carino e gentile, così piacque molto a mamma gatta! -Magari, potessi aiutarmi! – rispose Milù diventando improvvisamente triste. – Perché?…Zzzzz… Cosa succede?…Zzzzz –
– Si è persa la mia figlioletta Alina da alcuni mesi e non l’ho più ritrovata.- disse abbassando il musetto.
– Ah si? …Zzzzz…. Mi dispiace molto!…Zzzzz… Com’è la sua figlioletta?… Zzzz…- chiese Zeno.
Gli occhi di Milù si allargarono diventando grandi per la sorpresa. Quello strano tipo era davvero gentile a dispetto delle sue sembianze!
– E’ una bella gattina bianca e grigia tigrata.- Rispose con aria pensosa la mamma; poi continuò: – E’ buona e gentile. Le piaceva tanto ascoltare le arie d’opera che provenivano dall’arena. Stava lì sul terrazzo ore ed ore ad ascoltare e poi… –
– E poi?… Zzzzzz…. – chiese incuriosito il zanzarone.
– E poi le cantava.-
– Cantava le arie d’opera?… Zzzzzz… – domandò incuriosito Zeno con gli occhi che si spalancarono ancor di più come palloncini gonfiati, dandogli un’aria buffa, buffa.
– Sì, ed era capace di fare dei concertini là fuori sul terrazzo! La mia Alina canterina! Chissà quando la rivedrò! – Due lacrime rigarono il pelo liscio di Milù e Zeno si sentì triste anche lui. Mentre era immerso in questa emozione i pensieri cominciarono a roteare nella sua testa come se un vortice grigio e nebuloso girasse sempre più veloce finchè staccandosi dal muro fece quattro giravolte in aria e alzandosi in volo gridò:- Ma certo! …Zzzzzz… La gatta che canta arie d’opera!… Zzzzz… Ieri ero finito in una edicola… Zzzzz e ho letto la notizia! …Zzzz… –
– La notizia? Quale notizia? – Chiese Milù.
– Sembra…Zzzz… che al Teatro Filarmonico…Zzzz… una gattina abbia cantato un’aria d’opera…Zzzz…. davanti a tutti gli orchestrali… Zzzzz…lasciandoli di stucco…Zzzzz…. –
Così Milù cominciò a porre domande incalzanti sul contenuto dell’articolo. I due, passarono la notte a parlare e il cuore di mamma gatta era gonfio di felicità e speranza ma anche di preoccupazione per le sorti della sua Alina. (Il racconto continua…)-tutti i diritti riservati-
Carissimi amici, bambine e bambini come avete trascorso la Santa Pasqua? Spero siate stati bene con i vostri cari, parenti e amici e che abbiate vissuto un tempo in cui ritrovare energia e pace interiore. Oggi continuiamo la storia di Alina. L’aspettavate? … Qualcuno mi ha scritto sollecitandomi, preoccupato che mi fossi dimenticata! Ma no! Eccoci qui alla scoperta delle nuove vicende dei nostri amici e di nuovi personaggi!
Un grande abbraccio dalla vostra Maestra Mariachiara 💗🌞🎵🌈
STORIA DI ALINA CANTERINA DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago
MUZIO INVESTIGATORE D’ONORE – SESTO CAPITOLO
Mamma gatta coi suoi piccoli era arrivata davanti al portone d’ingresso e s’era fermata appena dentro, accanto al muro, per contarli mentre passavano salendo la gradinata: – Uno, due, tre… e il quarto?… Dov’era finito?… – C’erano i tre maschietti… Mancava solo… Alina! Mamma gatta che di nome faceva Milù, accompagnò fino al quinto piano i suoi micetti.
C’erano i tre maschietti! Mancava solo Alina!
La padrona di casa li fece entrare e loro andarono subito a bere dalle ciotole dell’acqua. – Voi state qui buoni e riposate. Io torno indietro a vedere dove è finita vostra sorella! – E con fare lesto, saltò velocemente giù dalla scala a due, tre gradini alla volta, finchè si ritrovò in strada. Mamma Milù era preoccupata e aveva il fiatone da quanto correva veloce per ripercorrere a ritroso tutta la via in cerca della sua gattina. Ma niente! In ogni angolo, in ogni cassonetto, in ogni viuzza, Alina non c’era. Tornò anche al “Caffè degli Artisti”: era pieno di gente che andava e veniva ma di Alina neppure l’ombra. Allora pensò di andare all’ “Ufficio Gatti smarriti” dove lavorava zio Muzio. Questo era un gatto nero, un po’ spelacchiato con una cicatrice che gli chiudeva un occhio e l’altro, verde smeraldo, affilato come una lama; aveva fatto una lotta furiosa con un doberman per difendere una vecchia gatta inerme e si vantava di averla spuntata contro quel molosso! L’aria misteriosa che lo caratterizzava, incuteva timore a chiunque lo incontrasse per la prima volta ma in realtà zio Muzio era buono come il pane e aveva un cuore tenero come il burro. Faceva del suo lavoro una missione, un punto d’onore nel riportare ai propri cari, i gatti smarriti, soprattutto i cuccioli che più facilmente degli altri, si perdevano.
Zio Muzio investigatore d’onore
Milù entrò affannata e affranta alla bettola e lo vide sotto la scala. Nel locale suonava una coinvolgente musica celtica un quartetto d’archi di gatti suonatori irlandesi che giravano l’Europa. Zio Muzio indossava un cappello scuro logoro a falda larga e gli scendeva dal collo una cravatta grigia con una righina gialla.
Sembrava arrabbiato e stava mollemente adagiato sul banco sopra cui campeggiava la targa in legno: “Ufficio Gatti smarriti”. A dispetto della cecità da un occhio, zio Muzio era un investigatore bravo come pochi e mamma Milù lo sapeva. – Zio Muzio! Zio Muzio!- lo chiamò concitata. Zio Muzio la guardò preoccupato:- Mia cara Milù, che cosa succede?-
–Si è persa Alina stamane! Alla prima uscita coi miei piccoli! Sono disperata! – Zio Muzio si fece serio, serio e volle che le raccontasse tutti i fatti: dall’inizio alla fine e dalla fine all’inizio, soffermandosi su ogni particolare. Mamma gatta non aveva fatto un lungo tratto di strada, quindi tutto si era svolto tra l’antico caseggiato dove abitava Milù coi suoi piccoli e l’Arena, fino al “Caffè degli Artisti”. Milù era la figlia di sua sorella ed era sempre stata una brava micia, gentile e a modo. Avrebbe fatto di tutto per aiutarla!
Milù la mamma di Alina è molto preoccupata.
Chiamò il suo fido compagno Mellom, un gatto tarchiato dalla voce bassa, roca e dagli occhi profondi e neri. La sua pelliccia era rossa con striature chiare e i baffetti aguzzi come spilli. Indossava una coppola in testa e teneva sul braccio una vecchia palandrana usurata. Il suo aspetto era severo.
Mellom era un gatto tarchiato dalla voce bassa, roca e dagli occhi profondi e neri.
Muzio gli spiegò l’accaduto insieme a Milù e lui annuì con il capo. Infine, i due detective diedero istruzioni a Milù: – Torna a casa! Bada ai tuoi piccoli. Avvieremo subito un’indagine. Verremo noi da te e ti terremo aggiornata! – Così dicendo uscirono di corsa dal loro Ufficio lasciando mamma gatta con la speranza di rivedere presto la sua figliola! (Il racconto continua…)-tutti i diritti riservati-
Oggi voglio proporvi un tema importantissimo: la pace.
Cos’è la pace? E cosa intendiamo per pace? E’ una cosa bella? Perchè?… Molti pensano che la pace sia assenza di guerra, quella fatta dai militari con le armi. Sicuramente è anche così. Ci basta in questo periodo sentire al telegiornale ciò che sta avvenendo in Ucraina. Paesi e città bombardati, sotto assedio; persone che debbono scappare e nascondersi, altre ancora che muoiono. Non si può vivere bene in questo modo. Non si può proprio. Eppure la pace comincia da dentro ognuno di noi. Dentro il nostro animo. Dentro il nostro cuore. Nei nostri pensieri, nelle nostre parole e azioni. A volte anche noi adulti all’interno di un gruppo anche familiare, abbiamo difficoltà a sentirci in pace, a sentirci bene. Ognuno di noi cari bambini, vuole sentirsi amato, amabile, apprezzato, rispettato e vuole potersi esprimere. Ciascuno ha la necessità di vivere le proprie emozioni in maniera sempre più consapevole, che gli dia al contempo la possibilità di lasciarle esprimere e la capacità di accettarle in modo sereno. Ebbene se ognuno di noi potesse sperimentare sin da piccolo tutto questo, sarebbe in pace con se stesso e con il mondo e credo che anche le questioni e le divergenze sarebbero presto superate. Potremmo dire quindi che la Pace è ARMONIA DENTRO E FUORI DI NOI. Allora come si crea un ambiente di pace?… Bella domanda! La risposta non credo sia proprio facile nè scontata. Posso scrivere che secondo me comincia dalla nostra famiglia o realtà in cui viviamo, dove aiutare la mamma e il papà a raccogliere i propri giochi, preparare la tavola e dare un aiuto quando richiesto, diventa una buona abitudine che fa vivere bene ed in armonia. Anche la capacità di dire parole belle come “grazie“, “per favore“, “scusa” e di dare un bacio, un abbraccio insieme a quella di perdonare quando qualcuno sbaglia con noi, sono preziose ed indispensabili alla pace per vivere bene in famiglia, a scuola, ovunque. Soprattutto non usare parole volgari e offensive. Infatti il linguaggio è fondamentale per creare la pace.
Ti invito a riflettere su ciò che puoi fare tu, o sui gesti che già fai che aiutano a creare la pace nella tua famiglia, a scuola, nel mondo. Lascia i tuoi commenti qui sotto e se vuoi scrivimi e mandami i tuoi disegni alla seguente mail: crescitaedidattica.info@gmail.com
Un grande abbraccio di pace dalla vostra Maestra Mariachiara👩🏻🌈💕
Il giorno successivo convinta di poter continuare a piedi la visita di queste terre sono partita verso ovest alla volta di Punta Prosciutto; vi piace il nome? A me tantissimo! Immaginavo che, con un nome così ci fossero dei localini tipici col prosciutto del Salento, e invece… Ho scoperto, arrivando dopo tre ore di cammino e stanca e affamata, che non è così! Punta Prosciutto prende nome dalla forma del territorio; nessun prosciutto locale da assaggiare quindi! Nessun bar o locale aperto in zona! Accidenti! Solo la stanchezza sulle gambe che mi bloccava. Quindi rimanendo ferma sulla spiaggia, ho pregato Dio che mi aiutasse a riprendere il cammino. Mentre ero lì incavolata contro il fato, c’erano persone del luogo che passeggiavano in riva al mare. Un signore alto, oltre i sessant’anni con un impermeabile beige e le scarpe da festa stava venendo verso di noi. Aveva una faccia pallida con un naso un po’ lungo, con dei bitorzoli che gli uscivano da sotto gli occhi scuri, dei capelli bianchi lunghi che lasciavano scoperta la “piazzetta”, l’aria stanca con le spalle ricurve quasi a formare una gobbetta. Si ferma a due metri e ci saluta, chiede da dove veniamo. Sicuramente aveva visto che eravamo forestieri. Prosegue raccontandoci che anche lui in passato ha vissuto al Nord per lunghi anni e che ora è tornato in Puglia e vive a Punta Prosciutto con la famiglia dove ha casa e un oliveto. Intanto si avvicina, forse un po’ troppo e con aria da amicone chiede se vogliamo comprare il suo olio. Come si può rifiutare? Passando nella parte più interna avevo visto campi coltivati a olivi, tanti, tantissimi di questi magnifici alberi per i quali provo da sempre ammirazione. Adoro le olive e in cucina utilizzo solo olio extravergine di oliva; secondo voi potevo dire di no ad uno degli olii più buoni d’Italia?…
Dopo esserci scambiati i numeri di cellulare per poter ritornare con l’auto, ci salutiamo. L’uomo se ne va sorridendo con l’aria soddisfatta mentre le mie gambe non smettono di farmi male. Il giorno prima avevo camminato per circa quattordici, quindici chilometri senza essere allenata e ora dopo altri quattro chilometri ho la schiena che supplica pietà. Tuttavia mi alzo e riparto sulla via del ritorno. Si cammina ancora per circa due chilometri ma ad un certo punto il dolore alla schiena ed agli arti inferiori sono così esagerati che mi siedo sul guard rail e dico: – Da qui non mi muovo più! – E così accade. La situazione è tragicomica perchè non si trovano nè autobus, nè taxi. Passano solo d’estate… Cosa si può fare allora?… Pensa e ripensa, chiamiamo i due coniugi che ci hanno dato ospitalità a Torre Lapillo anche se abitano a quindici chilometri. Così dopo mezz’ora arrivano i nostri “salvatori” che ci riaccompagnano a casa. Sono ormai le diciassette del pomeriggio. Vado sotto la doccia e mi corico non prima di guardare e rispondere ai messaggi e alle mail. Mando qualche foto ai miei famigliari e distendo schiena e gambe; chiudo gli occhi mentre entro nel regno di Morfeo.
Il terzo giorno dopo una colazione esagerata ( pasticciotto, pasta alle mandorle, spremuta d’arancia, cappuccino e chi più ne ha più ne metta ! Fate attenzione ai babà immersi nel rhum), partiamo rigorosamente con l’auto.
Babà immersi nel rum
Questa volta si va a Gallipoli. Attenzione! Non significa la città dei galli ! Gallipoli deriva da due parole greche” Kalos” e “Polis” che significano “bella città”. Infatti Gallipoli è davvero una città stupenda sul mar Jonio sempre in provincia di Lecce . Pensate che il centro storico è situato su un’isola al largo, collegata alla terraferma dal Ponte Antico e lì si trovano chiese di immensa bellezza ed edifici storici. Ma procediamo per ordine. Giunti dopo circa quaranta chilometri a destinazione, abbiamo parcheggiato di fronte ad una rosticceria. In vetrina giravano dei polli dorati che emanavano un profumino delizioso mentre sulla porta d’entrata due donne ed un uomo di mezza età se la raccontavano e ci guardavano con curiosità. Li abbiamo salutati e chiesto indicazioni per il centro. Loro ben contenti di poterci essere utili ci hanno indicato la direzione avvisandoci che la meta non era proprio vicina. Mi sono allarmata e ho chiesto se fossero più di due chilometri. Con mia grande soddisfazione mi hanno risposto che il centro distava poco più di un chilometro! Meno male. Potevo farcela! E così tagliando per vie e negozi giungo al mare. Quanto amo il mare! Se non l’avete ancora capito, io adoro il mare! Estasiata ancora una volta da quel blu intenso, dalle acque limpide e cristalline, ho camminato lentamente soffermandomi a respirare a fondo quell’aria limpida e a deliziarmi del sole che mi bacia sulla fronte. Finchè verso le tredici, prima di entrare nella cittadella sull’isolotto degustiamo qualcosa di tipico al porticciolo. Un ottimo vino bianco salentino con pescato del giorno. Fantastici! Alzo lo sguardo e vedo la cinta bastionata che circonda tutto il centro storico e che aveva anticamente il compito di difendere la città dagli attacchi delle invasioni nemiche che avvenivano da parte dei turchi chiamati anche saraceni. La mia attenzione viene attratta da una fontana in pietra che dall’aspetto sembra essere molto antica e di valore. E’ infatti la fontana greco-romana con sculture e bassorilievi antichi sulla facciata anteriore che sembra risalire al III secolo d. C. Nella facciata posteriore realizzata successivamente, c’è l’effige della città. Riprendiamo la strada e passiamo il ponte che collega la terraferma all’isola. Tutt’intorno all’isola c’è la strada panoramica su cui mi trovo. Da lì posso ammirare dei paesaggi mozzafiato sul mare mentre i gabbiani volano nel cielo e sembrano darci il benvenuto. Il centro di Gallipoli si caratterizza per viuzze tortuose e strette dove i muri sembrano toccarsi e per chiese ed edifici di varie epoche storiche.
Mi concedo il tempo di respirare a fondo, oggi la giornata è speciale: sole alto nel cielo, non c’è vento e il clima è ideale per fare i turisti e io mi sento viva ,grata e felice! In lontananza sento la pizzica salentina o taranta, musica tipica, ritmo coinvolgente e da cantare e danzare. Ascoltate! 🌞🎵🎶😎🥰💙
Mi piace chiudere questo diario di bordo con una poesia di un poeta contemporaneo sul mare del Salento. Eccola:
Tra me e il mare
di Lele Mastroleo
Il mare e il cielo del Salento
…il mare da quaggiù non serve a bagnarsi è solo racconto di sirene, lama che graffia la pelle allo scoglio. Il mare da quaggiù suona melodie antiche – che sanno di sale, che strappano una lacrima – alla luna grigia di febbraio, che fanno ritornare, che interrompono il viaggio prima di partire e nascondono la voce dentro la risacca. – E’ quel sogno violento di bimbo – che lega il carro con il cordoncino dei pochi anni e stringe forte il destino nelle tenere mani – affinché non gli sfugga quella piccola bottiglia – in cui ha messo tutti i suoi messaggi, nella quale ha mischiato – il sonno triste della ragione con le speranze e spinge il treno sui vagoni della Fortuna – a rincorrere un cielo azzurro, che non gli faccia mai più storcere il cuore. – Il mare da quaggiù ha la faccia svelta delle donne, delle api operaie che fuggono il tempo della loro sapienza per spazzare l’aria – dai malefici e dai dolori. Sante vecchie madri per sempre.
E’ in quegli sguardi immensi nei quali si rintana l’universo. è in quelle sicure mani che si strappano le ultime fette – di pane alla vita e fanno pranzo e fanno cena. – … il mare da quaggiù non serve a bagnarsi. E’ solo più limpido di qualsiasi rancore, e ci basta, per adesso…
Cari amici, altre e molte cose ci sarebbero da raccontare ma credo che sia abbastanza per capire quanto è bello questo angolo d’Italia; chissà se è venuta anche a voi la voglia di visitare e permanere in questi posti incantevoli… Se è così fatemi sapere! Poi mandatemi le vostre recensioni e foto!
… Eccoci all’ingresso di Porto Cesareo. C’è un vasto piazzale con viali di palme che svettano alte e sinuose con le chiome mosse dal vento. Il mare è sempre lì a formare una baia su cui c’è un porticciolo dove si vedono le barche attraccate. Più in là un isolotto dal nome davvero magico: Isola dei conigli. Immagino tanti coniglietti saltare tra le dune di sabbia ricoperte dalla vegetazione in mezzo la pineta che si vede dalla riva. Invece scopro che i conigli venivano allevati durante le guerre mondiali, poi vivevano allo stato brado e ora non ve ne sono più. Pazienza!
Il viale di palme mosse dal vento
Osserva il mare, ascolta il vento, e guarda in lontananza l’Isola dei conigli. Tutto questo è… magia!
Il mare blu di Porto Cesareo
Andiamo a pranzare in un posticino proprio carino. Ci portano un fritto misto di pesce che soddisfa la fame accompagnato da un buon boccale di birra! Salutiamo tutti, il titolare e i suoi familiari che nel frattempo sono diventati piacevoli interlocutori e proseguiamo verso il cuore di Porto Cesareo sempre rimanendo sul litorale. Mi sorprende il mare che arriva appena aldilà del marciapiede su cui si cammina. La luce del sole brilla mentre il vento non ci dà tregua. Si vede qualche uomo vestito di scuro con la coppola passare. Più su, due signori si fermano a parlare in dialetto. Comprendo che si stanno chiedendo:- Come va ? – e si raccontano le loro vicissitudini. E’ davvero un posto carino. Il mare di quell’azzurro intenso che via, via cambia tonalità parla al mio cuore, la luce dei raggi del sole che balugina sull’acqua mi piace tanto! Adoro questa distesa blu zaffiro e con la fantasia mi immergo in essa… Sveglia! E’ tardi ! Bisogna rientrare alla base e mentre camminiamo il sole, pian piano tramonta e non ci sono lampioni accesi. Bisogna salire sulla strada principale per trovarne qualcuno. Allora scarpiniamo cercando di resistere alla fatica della giornata e passo dopo passo, giungiamo nella casetta bianca che ci ospita dove nel sonno vedrò quella meravigliosa distesa d’acqua infinitamente celeste, azzurra, blu.
Cari amici, visto che l’Universo me l’ha concesso, in questo periodo dell’anno sono stata alcuni giorni in Puglia nella terra salentina bagnata dal mar Ionio e dal mare Adriatico. Dopo oltre dieci ore di auto da nord a sud della nostra bella penisola italica, sono giunta a Torre Lapillo, piccola frazione di Porto Cesareo sul mare in provincia di Lecce. Era la prima volta che mettevo piede in Puglia ed ero felice e grata di questa possibilità. A Torre Lapillo in questo periodo non vive quasi nessuno. Passi per le strade e vedi le case chiuse e silenziose. Tutte appiccicate l’una all’altra, basse con un solo piano e con il tetto dritto. La sensazione mentre cammini è quella di essere capitati in una città fantasma. Per fortuna c’è il bar di Gabriele che è aperto. Gabriele è un bel giovane di ventun anni, sveglio e pronto a servirci un ottimo caffè con i pasticciotti, dei dolci tipici e golosi alla crema pasticcera e amarena! Mentre ne assaggio uno le mie papille gustative vanno in fibrillazione… Assolutamente divino! Che bontà! 😋
Pasticciotto leccese il RE della colazione
Gabriele ci guarda coi suoi occhi scuri e con aria affabile e gentile ci racconta che Torre Lapillo verso il mese di maggio comincia a riempirsi di famiglie che vengono al mare fino ad arrivare ai mesi di luglio e agosto durante i quali c’è una folla di persone! Dice che la gente in quel periodo quando si trova in spiaggia è accalcata e che bisogna partire alle sei del mattino per trovare posto e piantare l’ombrellone visto che lì la spiaggia è libera. Dopo averlo salutato si va alla spiaggia. L’idea è quella di andare a piedi, da lì a Porto Cesareo, seguendo il litorale. Quando arrivo in spiaggia capisco molte cose. I tratti sabbiosi sono pochi e poco profondi infatti le abitazioni arrivano vicinissime al mare e questa cosa mi sorprende assai! Più avanti sparisce la sabbia chiara e dorata e si trovano dune coperte da una splendida vegetazione o tratti di roccia che potremmo chiamare scogli anche se questa roccia è diversa dagli scogli che ho conosciuto finora. La pietra sembra essere lava, bucata e a forma piatta di colore che va dal grigio chiaro al nero. Scopro che lì è una zona di riserva sia marina che ambientale. In questo splendido ambiente ciò che più mi cattura è l’azzurro del mare. Un azzurro che passa da toni chiari a toni sempre più scuri e rimango incantata mentre macino i chilometri senza accorgermene. Tutto ciò che la natura propone è a dir poco fantastico! I colori, i profumi, le fogge, i particolari… E penso: – Ma quanto bella è l’Italia? Da nord a sud il nostro paese è un paradiso! Il buon Dio è stato davvero generoso con questa terra! Mentre i pensieri e l’ammirazione per quei luoghi si infittiscono, mi copro bene la testa con il cappuccio della felpa e poi il berretto blu. Indosso il cappotto e il foulard intorno al collo ben bardata visto che c’è un vento forte. E’ la Tramontana, vento che soffia da nord a sud. Adesso sibila. E quando voglio mandare un video ai miei ragazzi che sono a Verona e lo riascolto prima di inviarlo, esce un audio dove senti la forza del vento che copre la mia voce. Eppure il mare è abbastanza calmo ed è limpidissimo.
Sulla superficie dell’acqua si muovono tremuli, mille fili intrecciati come ragni sulla tela: sono le increspature provocate dal vento che vibrano e scintillano alla luce del sole. Mi sorprendono nel tragitto i fiori , gli arbusti verdi e forti, i cactus, i cespugli di malva che sono rigogliosi e tinti di sole e vita. ( fine della parte prima)
Ciao! Nei prossimi giorni continuerò questo racconto!
Ti aspetto! Non mancare!
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