Ventitreesima puntata della storia di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

ACHILLE CHETO – VENTITREESIMO CAPITOLO

– Meo meo meo meo meo!… MaaaaaaAO! MaaaaaaAO!

Cantava miagolando la nostra Alina ritta sul  morbido bracciolo  del sofà, mentre Nora e Ulrica provavano degli abiti in camera per vedere quali andassero ancora bene e quali no!

– Me me me me me MEEEEEEEEEEeeeeoooo! MeMe memememeeeeeeooooooo! – Continuava imperturbabile la giovane Alina. I suoi occhi brillavano e il suo musetto era tutta dolcezza e impegno!

– Mamma, mamma, accendo la tv! – Disse correndo fuori dalla camera Ulrica.

 – Voglio vedere i cartoni animati! E’ l’ora di Masha e orso! – Saltò veloce come una saetta sul divano , prese il telecomando e schiacciò il pulsante. La tv si accese e finì sul canale sbagliato!

– Signore e signori – diceva la presentatrice, – mandiamo ora in onda un filmato del tutto inusuale. Guardatelo e soprattutto … Ascoltatelo! –

In quel momento si sentì il suono del pianoforte e un bel miagolio canterino. Ulrica e Alina sbatterono gli occhi e li spalancarono contemporaneamente.

La mamma uscì dalla stanza meravigliata. Incredibile! Ma erano proprio loro!   Lei al pianoforte con Alina canterina! Stavano mandando  in onda su Tele Arena le riprese dell’intervista fatta qualche settimana prima!

-Giovanni, vieni! – chiamò Nora. Giovanni, questo era il nome del papà di Ulrica, uscì di corsa dal suo studio tutto eccitato. Persino Din-don sembrò ridestarsi da uno dei suoi interminabili pisolini!

Alla fine del concerto la voce della giornalista affermava compiaciuta che il talento di questa gattina era stato scoperto per caso e che a Verona, tempio della lirica mondiale, era nata una stella!

…Stavano mandando  in onda su Tele Arena le riprese dell’intervista fatta qualche settimana prima!

Non fece neppure tempo a terminare la sigla finale della trasmissione, che il telefono di casa e i cellulari dei due genitori cominciarono a squillare incessantemente.

Driiin  Driiin Driiiiiiiin! – quello di casa.

-Mamimò Mimomà Mami mò!– Quello del papà.

-Libiamo, libiamo ne’ lieti calici, che la bellezza infiora

E la fuggevol, fuggevol ora s’inebri a voluttà… – Quello della mamma. (*  da Brindisi , brano tratto  da La traviata di Giuseppe Verdi).

Decine e decine di chiamate arrivarono da amici, colleghi e altri che conoscevano i genitori di Ulrica i quali , avendo visto il servizio alla televisione e spinti dalla curiosità di saperne di più  o di congratularsi, telefonavano. La faccenda durò per oltre un’ora e Ulrica che teneva in braccio la gatta e Alina si guardarono stupite, sperando che la cosa finisse. Intanto a Milano, nella redazione di Mediaset , il filmato giunse nelle mani del direttore del TG5, tale Achille Cheto.

Appena terminò la visione, i suoi occhi cominciarono a roteare e al posto delle pupille comparvero dollari che giravano in continuazione. Le sue mani si strofinavano l’una sull’altra e aveva tutta l’aria di un furbastro! Achille Cheto , per i suoi collaboratori più stretti ” Achi” era noto per il suo fiuto nell’individuare le notizie che sarebbero poi diventate virali. Veniva definito “ghiotto di Scoop” , cioè goloso di notizie sensazionali, tanto che le cercava costantemente. Era un uomo sulla sessantina, alto e robusto coi capelli bianchi e folti. Sulla sua faccia squadrata campeggiava un naso aquilino e piccolo. Gli occhi, grandi e chiari, sormontati da spesse sopracciglia grigie erano vivaci; la bocca stretta e senza labbra non stava mai ferma. Parlava velocemente e con aria seria, intervallato da sorrisi così nervosi, da sembrare assolutamente falsi. Pensava di aver sempre ragione e di essere un sapiente. Per certe cose era competente ma credeva di sapere tutto più di tutti e a volte diceva delle esimie fesserie! I suoi collaboratori lo prendevano segretamente in giro per questo. Achille vestiva sempre con un completo scuro, giacca e cravatta e le sue scarpe nere erano lucidate e luccicanti. Noto a tutti come “Achille Cheto, ghiotto di scoop e di… spaghetti all’arrabbiata”, piatto che lui preferiva a qualsiasi altra pietanza, non perdeva occasione per mettere lingua su qualsiasi questione.

Quel giorno il video di Alina canterina giunse nelle sue mani… ( Il racconto continua – tutti i diritti riservati)

Settima puntata della Storia Alina canterina, dei suoi amici e del sogno che aveva nel cuore

Cari amici, buongiorno a tutti voi! Oggi è lunedì 25 Aprile, giornata memorabile in cui si festeggia la Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo. E’ una data importante, simbolo del diritto di ogni persona di esercitare la propria LIBERTA’ in uno Stato libero che tutela la libertà di tutti, anche delle minoranze. Questo tema è attuale e imprescindibile. In questa giornata, si inserisce la settima puntata della storia di Alina canterina. Buona lettura in questa splendida giornata di primavera!

Un abbraccio dalla vostra Maestra Mariachiara!🎵🌈🌞💖

STORIA DI ALINA CANTERINA DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

NORA PIANISTA PROFESSIONISTA – SETTIMO CAPITOLO

La mamma di Ulrica amava suonare il pianoforte: il suo era un Steinway nero come l’ebano donatole dalla sua famiglia. Stava tutto il mattino ad esercitarsi per i concerti e spesso, nel pomeriggio, accompagnava nelle prove i cantanti lirici che le chiedevano aiuto. Aveva fatto della sua più grande passione, il proprio lavoro e per questo si sentiva felice.

La mamma di Ulrica amava suonare il pianoforte: il suo era un Steinway nero come l’ebano donatole dalla sua famiglia.

Era trascorso diverso tempo da quando aveva conosciuto suo marito a Bonn la città tedesca da cui lei proveniva. Lui era stato chiamato a tenere dei seminari sulla corretta comunicazione all’epoca in cui Nora lavorava nell’ hotel di lusso di famiglia durante gli studi. Il direttore conoscendo la bravura di Nora al pianoforte aveva chiesto che suonasse alcuni brani al termine di ogni giornata; così lei e il giovane italiano avevano cominciato a conversare per poi ritrovarsi fidanzati nel giro di qualche mese. Da allora non si erano persi mai più, anzi! Lei si era trasferita in Italia: dalla città di Beethoveen a quella di Giulietta e Romeo , del tempio della lirica mondiale, dove si erano sposati. Era poi nata la gioiosa Ulrica e la sua vita era diventata completa!

Si erano sposati a Verona città di Giulietta e Romeo e della lirica internazionale

Nella casa di Nora passavano musicisti e artisti in continuazione. Quando Nora suonava, Alina si arrampicava sul mobile antico alle sue spalle, fino a giungere sul piano più alto e da lassù si godeva tutte le sonate e le arie. Il momento più bello però era quando nel pomeriggio arrivavano le cantanti. Alcune ancora studentesse, altre invece, affermate che approfondivano le loro parti per i prossimi concerti. Alina studiava insieme a loro. Da sopra il mobile antico ne controllava ogni minima mossa e apprendeva tutte le parti. Poi, quando aveva ascoltato più volte l’Aria, cominciava a cantarla insieme. Prima sottovoce poi via, via a tono sempre più deciso e forte. Tanto che Nora smetteva di suonare per guardarla e poi le diceva:- Brava! Studia anche tu insieme a noi! – Si era messa a farle larghi sorrisi e a batterle le mani insieme all’altra giovane donna. Così sentendosi incoraggiata, Alina pensò: – Devo impegnarmi di più! Anche Nora dice che sono capace di cantare. Per realizzare il mio sogno partirò da qui: studio, pratica e costanza! Io voglio credere in me stessa ! –

Alina… da sopra il mobile antico ne controllava ogni minima mossa e apprendeva tutte le parti.

 Un giorno mentre si stava esercitando in tal modo, vide posarsi sul parapetto del terrazzo un pennuto che dondolava il capo al ritmo del suo canto. Le sembrava che avesse un’aria familiare ma non ne era sicura, finchè uscì e vide il tipo con la sciarpetta e il ciuffo che senza riconoscerla le disse : BuongioVno mia caVa! Ho ascoltato il tuo canto e mi sono deliziato! VeVamente coinvolgente! BVavà! –

Alina non sapeva se esserne contenta o se dirgliene quattro, viste le brutte parole che il gabbiano Ivrino aveva pronunciato quella volta quando lei era ancora con la mamma e i suoi fratelli. Mentre pensava a loro, diventò così triste che, senza più nessun astio, con un filo di voce ringraziò il pennuto. Rientrò di corsa in casa per rifugiarsi nella sua cesta, sotto la copertina rosa e celeste che le aveva regalato Ulderica.

BuongioVno mia caVa! Ho ascoltato il tuo canto e mi sono deliziato! VeVamente coinvolgente! BVavà!

Anche se contenta di stare con Ulderica e i suoi genitori, il suo cuoricino soffriva di non essere accanto alla mamma. Le mancavano tanto le sue coccole e le sue parole che sempre, l’avevano aiutata a capire il mondo che la circondava e a crescere… Era bello giocare con Ulderica ma non la stessa cosa che farlo coi suoi fratellini!  Con loro poteva rotolarsi sul pavimento tra i tappeti morbidi e colorati, dar loro battaglia sfidandoli con attacchi a sorpresa in cui soffiare e tirar fuori le unghie in modo minaccioso. Uno spasso assoluto! Pianse a questo ricordo e mentre le scendevano calde lacrime, le sue orecchie udirono “ Una voce poco fa “ la parte di Rosina ne “Il barbiere di Siviglia” di Giacomo Rossini. Ascoltando quella melodia e quelle parole, il battito del suo cuore un po’ alla volta si placò, lasciando spazio ad un sonno ristoratore.

(Il racconto continua…) -tutti i diritti riservati-

Pianse a questo ricordo … mentre le scendevano calde lacrime