Trentesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

UNA CORSA SFRENATA – TRENTESIMO CAPITOLO

Mentre la telecamera riprendeva Alina e la mandava in mondovisione, Achille Cheto, il direttore della Tv si era sfregato le mani tutto soddisfatto, pensando ai soldoni che avrebbe potuto fare portando in TV quella singolare cantante. Si era subito alzato e voleva assicurarsi di avere fra le mani quella “gallina dalle uova d’oro”! Contemporaneamente anche altri si mossero: Ulrica appena vide la sua gattina, saltò in piedi e indicandola disse ai genitori:- “ E’ Alina! E’ Alina! “-

Si alzarono dalle poltronissime e con il resto del gruppo al seguito, si avviarono verso l’uscita laterale chiedendo al personale di poter andare dietro le quinte, poichè la gatta apparsa in palcoscenico, era proprio la loro Alina che cercavano da giorni!

 Mamma MilĂš si trovava con gli altri nell’area ovest. Le venne un mezzo colpo al cuore vedendo la sua amata figlia  cantare e, insieme a zio Muzio, gatto Mellom, Limone il topo e tutti gli altri del gruppo, si avviarono, con la complicitĂ  del buio, per recarsi dietro il palco. Solo gazza Cunegonda volò silenziosamente con un colpo d’ali calibrato, direttamente dietro il palco e vide i due neri figuri rincorrere Alina e metterla nel sacco.

Anche Plato che si trovava coi suoi compagni nell’ala est dell’Arena, nel vedere Alina cantare, si sentĂŹ ancora piĂš innamorato e un sentimento profondo pulsò nel suo cuore. Voleva proteggere Alina e riabbracciarla. Diede il segnale e con Din-Don pappagallo fricchetton, Quirino, Quartino e Questella i tre scoiattolini fratelli di Villa SigurtĂ  , Rinetta, Etta, i cugini Gennaro e Giggino e tutti gli altri del gruppo che si trovavano insieme, si mossero per andare dietro le quinte. Ivrino, gabbiano sopraffino, volò dritto sopra il palco e seguĂŹ con lo sguardo la nostra Alina che veniva rincorsa e acciuffata dai due tipacci. Incrociò lo sguardo con la gazza Cunegonda e l’una disse all’altra contemporaneamente: 

– Dobbiamo salvare Alina! – Rimasero entrambe sul posto a controllare la situazione.

Intanto Ulrica con la mamma e il papĂ , Titty e Vico, tata al seguito, Orfugio e il poliziotto, erano andati a parlare dietro le quinte con il primo attrezzista incontrato.

Era il giovinotto di prima, Andrea, che vedendo arrivare tutta quella gente,  sbarrò la strada intimando loro di rientrare in sala e di riprendere posto. Al che, Nora si  qualificò come pianista conosciuta dagli orchestrali e come proprietaria della gattina che aveva cantato sul palcoscenico. Ma non servĂŹ a niente. Anzi, arrivarono altre tre persone a bloccarli e a chiedere loro di tornare in platea. Finchè si udĂŹ una voce possente:

– Sono il vice-commissario Or-fu-giot-ti e voglio parlare subito con uno dei responsabili ! E’ questione di VITA o di MORTE! – disse allora il poliziotto col fido Orfugio al fianco. L’autoritĂ  con cui furono proferite queste parole, impressionarono gli attrezzisti; cosĂŹ, uno di loro andò a chiamare il direttore di scena.   

          

“…– Sono il vice-commissario Or-fu-giot-ti e voglio parlare subito con uno dei responsabili ! E’ questione di VITA o di MORTE! – disse allora il poliziotto…”

Intanto i due neri figuri, uno alto e smilzo, l’altro basso e grasso, erano scesi con Alina nel sacco, dalle scale antincendio per non essere visti e si diressero furtivamente  nella zona nord, fuori l’Arena. Era un cantiere recintato che serviva da deposito per le innumerevoli casse con cui venivano trasportati i pezzi delle imponenti scenografie.

I due aspettavano qualcuno ed erano nervosi. Dall’alto li tenevano d’occhio la gazza Cunegonda e il gabbiano Ivrino che per qualche magia, senza proferir discorso alcuno, erano diventati complici e  alleati. Si alzò il vento. Si udĂŹ una strana musica, come una nenia antica. Giunse dal nulla una donna, alta e sinuosa. Indossava una tuta attillata nera , sandali neri col tacco grosso e un blazer laminato scuro con un cappuccio. Non si vedeva il volto. Non emise nessun suono. Non una parola.  

I due quando la videro arrivare con passo agile e portamento fiero, si inchinarono e con un filo di voce il grasso dichiarò:-Oh mia signora! L’abbiamo catturata! Eccovi la gatta che canta! –

“…Giunse dal nulla una donna, alta e sinuosa. Indossava una tuta attillata nera , sandali neri col tacco grosso e un blazer laminato scuro con un cappuccio. Non si vedeva il volto. Non emise nessun suono. Non una parola…”  

La donna, prese il sacco, diede loro una borsa  con dei lingotti d’oro. Abbassò la mano puntando il dito contro i due in modo minaccioso. Ci furono luminose ed inquietanti scosse elettriche intorno a lei. Quelli si inginocchiarono tremando dalla paura e rimasero prostrati per alcuni minuti. La donna se ne andò con Alina e scomparve in un’auto che corse nel centro storico inseguita dai due uccelli. Si fermò davanti al Piazzale di Sant’Anastasia dove sorgeva il piĂš lussuoso hotel della cittĂ ; l’enigmatica figura scese, entrò e salĂŹ nella stanza 452 al terzo ed ultimo piano.  

Allora Cunegonda disse ad Ivrino:- Vai ad avvisare gli altri in Arena! Io rimango qui appostata sul cornicione da cui vedo chi entra e chi esce nella camera di quella malvagia! –

Ivrino tornò in Arena e trovò dietro le quinte tutti, ma proprio tutti gli amici di Alina.  

Il direttore di scena, esasperato, non sapeva piĂš cosa fare per convincere il poliziotto e la famiglia di Ulrica che la gatta non era prevista in scena e dove fosse adesso, lui non lo sapeva proprio!

C’era anche Achille Cheto che, presentatosi ai genitori di Ulrica,  si era detto interessato a promuovere la carriera artistica di Alina. Ma nessuno gli dedicava attenzione. Dov’era la povera Alina??? Sembrava essere scomparsa un’altra volta!

Ivrino sussurrò qualcosa all’orecchio di Plato, che poi lo sussurrò all’orecchio di Rinetta e cosĂŹ via. Ci fu un passaparola di orecchio in orecchio, fra tutti gli animali: – Alina si trovava in un hotel nel centro storico!-Il messaggio arrivò per ultimo ad Orfugio cane segugio, che cominciò ad abbaiare in modo forte, sempre piĂš forte, finchè il vice-commissario Orfugiotti capĂŹ che il suo compagno, era sulle tracce di Alina; lasciò il direttore di scena con un palmo di naso e se ne andò a gambe levate avvisando la centrale e seguendo il suo cane. Uscirono. Davanti a loro volava basso il gabbiano Ivrino che indicava la strada, dietro a lui Orfugio, poi il poliziotto, la mamma e il papĂ  con Ulrica, la tata; seguivano Titti e Vico, la scimmietta Etta, zio Muzio con Mellom, Limone, mamma MilĂš, i suoi tre figlioli e Zeno il zanzarone. Correvano loro appresso: Plato gatto innamorato, i due cugini Gennaro e Giggino, Rinetta barboncina perfetta, i tre scoiattolini e per ultimo, sbatacchiando le ali con enorme fatica, Din-Don pappagallo fricchetton. Poverino, lui non era abituato a tanta attivitĂ  fisica!

La strana carovana di gente e di animali che correvano in fila indiana per le strade del centro a tarda sera, incuriosĂŹ non poco gli abitanti ed i turisti di passaggio i quali guardavano a bocca aperta la scena!

“…La strana carovana di gente e di animali che correvano in fila per le strade del centro, a tarda sera, incuriosĂŹ non poco gli abitanti ed i turisti di passaggio che guardavano a bocca aperta la scena!…”

Finalmente giunsero al piazzale di Santa Anastasia. La gazza Cunegonda si trovava ancora appostata sul cornicione e appena li vide arrivare comunicò  ad Ivrino, che nessuno si era mosso dalla stanza. Orfugio, informato,  guidò il poliziotto dentro l’albergo, e silenziosamente arrivarono al terzo piano davanti alla porta della stanza 452. Il vice commissario puntò la pistola e disse:- Aprite! In nome della Legge!-  Di scatto si spalancò la porta e scivolò fuori quella strana donna senza volto che con una forte scarica elettrica fece cadere a terra immobile il malcapitato. Stava per andarsene dalla finestra col sacco in mano  e aveva giĂ  una gamba fuori quando Orfugio con un balzo, la raggiunse e le morse la caviglia; la donna cadde rovinosamente sul pavimento. Stava per rialzarsi ma, fortuna volle che in quel preciso istante arrivassero i rinforzi. I poliziotti mandati dalla centrale, arrestarono quella cattivona, le presero il sacco dalle grinfie e liberarono la povera Alina.

Alina frastornata e con gli occhi lucidi, guardò tutta quella gente intorno. Alzando la testa, vide entrare dalla porta mamma MilĂš e il cuore palpitò cosĂŹ forte finchè le sue emozioni si sciolsero in un fiume di lacrime. Piansero insieme. Piansero in molti. MilĂš  leccava Alina e la teneva stretta a sĂŠ. – Ti ho ritrovata!- disse infine MilĂš. – Non ho smesso un attimo di cercarti, figlia mia! –

Mamma! Mamma! – sussurrò Alina. Le lacrime scendevano copiose. Ulrica si avvicinò e accarezzò la sua amata gattina e anche Milù. Vico fece una bella foto di gruppo e il giorno dopo, Titti scrisse un articolo strappalacrime sulla vicenda che uscì su tutte le testate nazionali con echi mondiali. Eh già! Alina era ormai conosciuta e ammirata in tutto il pianeta!

“…MilĂš  leccava Alina e la teneva stretta a sĂŠ. – Ti ho ritrovata!- disse infine MilĂš. – Non ho smesso un attimo di cercarti, figlia mia! –…”

Ventottesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

TRE SQUADRE IN RICERCA – VENTOTTESIMO CAPITOLO

Nel frattempo Mamma MilĂš con i figli e Zeno il zanzarone al seguito, era corsa da  zio Muzio per raccontargli del sogno. LĂŹ, trovò anche Mellom, Limone e Cunegonda la gazza.

Zio Muzio, zio Muzio! Ho sognato Alina stanotte! Credo sia in terribile pericolo!- Disse quasi gridando Mamma gatta mentre entrava nell’  ”Ufficio Gatti smarriti”.

Cara MilĂš hai sognato di scalare una montagna ed era notte? – rispose zio Muzio guardandola fissa.  MilĂš sbarrò i suoi grandi occhi grigioverdi.

E… Alina saliva sopra una roccia e cantava?- Continuò Mellom con aria interrogativa.

…Poi c’era una strana donna in cielo che diceva frasi incomprensibili…. – aggiunse Limone dilatando le pupille per la meraviglia.

…E un figuro nero con lunghi artigli, voleva farle del male? – finĂŹ Cunegonda con voce stridula.

Si guardarono l’un l’altro sbalorditi! Ma come!?  Avevano fatto tutti il medesimo sogno, durante la stessa notte!?! Non era possibile! E soprattutto, cosa voleva significare?

“…Si guardarono l’un l’altro sbalorditi! Ma come!?  Avevano fatto tutti il medesimo sogno, durante la stessa notte!?!…”

    Zio Muzio si ricordò del terribile incontro con la maga di Piazza Bra e affermò con decisione: – La donna che abbiamo visto apparire nel cielo è la terribile Maga BumĂ !     Ci vuole dire che presto troveremo Alina … Ma c’è un pericolo in agguato! –

Credi davvero?- chiese il topo sbalordito. – E dove potrebbe essere quella montagna ?- continuò  Limone riprendendo il suo atteggiamento da detective.

 â€“ La Montagna… – rispose zio Muzio sovrappensiero.  Poi riprese:– …Credo sia il simbolo di tutte le difficoltĂ   che abbiamo dovuto superare e che ci aspetteranno prima di incontrare di nuovo Alina. Bisogna invece concentrarci sul luogo di pietra, dove abbiamo visto Alina cantare in mezzo a tanta gente – concluse.

Ho un’idea! Venite con me!- rispose mamma gatta. Così partirono tutti insieme in fila uno dopo l’altro con Milù in testa.

Intanto anche nel grande Palazzo a casa di Ulrica, si svegliarono tutti. Mamma e papĂ  raccontarono di aver fatto un sogno. La cosa incredibile era che lo aveva avuto anche la bambina. Stesso, identico sogno! Il medesimo che avevano fatto  mamma gatta e  tutti gli altri.                

Poi arrivò la tata. Anche lei raccontò di aver avuto durante la notte quel sogno. Infine arrivarono anche il poliziotto con Orfugio cane segugio; anche a loro era apparsa la stessa visione notturna. Si misero tutti a raccontare e a discutere per capire cosa volesse dire loro quel sogno e dove fosse Alina. Anche Titti quel mattino, telefonò a Vico  e meravigliati per aver sognato la stessa cosa,  partirono verso la casa di Ulrica e famiglia.

Persino Din-Don che non si allontanava mai dal suo trespolo ed era solitamente mezzo addormentato, volò fuori dal terrazzo e vide che sotto casa si erano riuniti Plato gatto innamorato, Etta la scimmietta, Ivrino gabbiano sopraffino, Rinetta barboncina perfetta, Gennaro e Giggino i due cugini gatti napoletani e persino Festone gatto birbone.            

Con uno sforzo sovrumano anzi, sovrapappagallesco, si catapultò giÚ da loro, rischiando di stramazzare al suolo. Tutti lo soccorsero e appena si riprese, raccontò il suo sogno che, come potrete immaginare era lo stesso di tutti gli altri!

“…Persino Din-DonCon uno sforzo sovrumano anzi, sovrapappagallesco, si catapultò giĂš da loro, rischiando di stramazzare al suolo…”

Due ore prima a qualche chilometro di distanza, erano saliti sul  treno diretto a Verona, i tre fratellini scoiattolini: Quirino Quartino e Questella che giunti in cittĂ , si unirono alla strana combriccola.

Una forza misteriosa e potente aveva fatto avere loro quella visione nel sonno e li aveva spinti a riunirsi per aiutare la loro amica.

CosĂŹ, c’erano tre squadre di soccorso alla ricerca di Alina. Avevano cercato Alina nelle principali piazze della cittĂ , Ma di lei nessuna traccia. Finchè all’imbrunire, notarono le lunghe  file di persone che entravano dalle porte dell’Arena per l’Opera. Ma certo! Quella sera c’era L’Aida! Compresero solo in quel momento che il luogo pieno di pietre antiche del sogno, era proprio la meravigliosa Arena di Verona.

“..C’erano tre squadre di soccorso alla ricerca di Alina…. Finchè all’imbrunire, notarono le lunghe  file di persone che entravano dalle porte dell’Arena per l’Opera”…

Così, chi in modo legale, pagando il biglietto, chi in modo illegale, entrando di nascosto o volando direttamente sopra il palco, i tre gruppi dei nostri amici, gli uni all’insaputa degli altri, entrarono in Arena per il grande concerto lirico della stagione con la speranza di poter ritrovare l’amata Alina.

Ventiseiesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

IL SOGNO – CAPITOLO VENTISEIESIMO

Quella notte Milù sognò che stava scalando una montagna ed era buio. Con grande fatica, saliva e si doveva destreggiare molto per superare le asperità. Arrivata sulla cima, le appariva un luogo familiare, pieno di gente. Nel cielo comparve l’immagine di una strana donna col capo coperto da un fazzoletto colorato.

Le braccia ingioiellate erano rivolte verso di lei e pronunciava con voce flebile, acuta e modulata, strane parole:- “Se alla stella vuoi arrivareee, fin al ciel dovrai tornareee…” Il volume della voce si abbassava fino a non sentirla piĂš. Poi di nuovo sottovoce :- SararĂŹraaa! SararĂ ! Ogni cossaaaa svelataa sarĂ !- e scomparve.

Comparve l’immagine di una strana donna col capo coperto da un fazzoletto colorato … e pronunciava con voce flebile, acuta e modulata, strane parole

MilĂš guardò in basso. Prima a destra e poi a sinistra. Finchè vide lei! La sua  amata figlia! Saliva con passo lento, sopra una roccia marmorea e si metteva dritta sulle zampe flessuose, in modo maestoso.

Il suo musetto esprimeva grande gioia, mentre un canto soave le usciva dalla bocca. Alla fine, eccoli tutti felici! Eppure sovrastava su tanta contentezza, una funesta ed oscura ombra nera. Allungava i suoi artigli verso Alina la quale, ignara, continuava a cantare.                                                           

Milù avrebbe voluto fare qualcosa! Avvisarla dell’imminente pericolo ma… Quel luogo divenne sempre più lontano e la voce di Alina sempre più distante. Irraggiungibile.

Mamma gatta si svegliò di soprassalto:- Maaaaaaoooooooooo!- Emise un lungo gemito, addolorata. Era piena di spavento e sudava.

Si guardò attorno. Era lÏ a casa sua, dentro la cesta.

Milù avrebbe voluto fare qualcosa! Avvisarla dell’imminente pericolo ma… Quel luogo divenne sempre più lontano e la voce di Alina sempre più distante. Irraggiungibile.

Anche i suoi figli che stavano dormendo poco distanti da lei, si erano destati all’improvviso e con gli occhi sbarrati dicevano l’un l’altro: – Hai sognato anche tu Alina? … C’era un’ombra terrificante che voleva portarsela via! –

– … C’era un’ombra terrificante che voleva portarsela via! –

Quel sogno era sembrato a tutti cosĂŹ reale!                                                           MilĂš incredula pensò:- Possibile che abbiamo avuto tutti la stessa visione ?

Così, appena spuntò l’alba la mattina seguente, Milù decise di andare da zio Muzio ad avvisarlo!

  Certo non si aspettava di scoprire che anche lui aveva sognato la stessa storia. E non solo lui!

Infatti quel mattino dai vari quartieri della cittĂ  e dai centri intorno,  tutti gli amici di Alina si misero in viaggio, spinti da una misteriosa forza interiore, alla ricerca della loro amica.

Aleggiava nell’aria la paura di un imminente pericolo ed erano preoccupati per Alina. Bisognava rintracciarla e scoprire dove fosse. Al più presto!

Sedicesima puntata di Alina canterina

STORIA DI ALINA CANTERINA, DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

VICO FOTOREPORTER DEL PORTORICO – SEDICESIMO CAPITOLO

In redazione, tutti cercavano affannosamente qualche bella notizia da pubblicare ma gli avvenimenti degli ultimi giorni  erano abbastanza comuni, niente di particolare. In quel momento entrò Titti con aria concitata e si sedette al tavolo delle riunioni. Respirò a fondo ed alzò la mano. Il capo redattore le diede la parola: – La notizia che ho da darvi ha davvero dell’incredibile! C’è una gattina che miagola arie d’opera! – Qualcuno si mise a sghignazzare sotto i baffi, qualcun altro guardò Titti con aria compassionevole.  Vico invece, il fotoreporter, reputò la notizia stimolante e disse: – Questo fatto, potrebbe risultare curioso ed avvincente! – Quando lui parlava, tutti lo ascoltavano. Era stato in missione in Afghanistan come inviato di  guerra  ottenendo al suo rientro vari riconoscimenti prestigiosi. Originario del Portorico, parlava perfettamente l’inglese, lo spagnolo e l’italiano anche se aveva una leggera inflessione ispanica, essendo lo spagnolo la sua lingua madre.

Vico… era stato in missione in Afghanistan come inviato di  guerra  ottenendo al suo rientro vari riconoscimenti prestigiosi.

Continuò:-  Titti, hai rintracciato di chi è questa bestiola? – Gli occhi di tutti erano puntati sulla ragazza – SĂŹ, ma ancora non sono riuscita a contattarli … – disse. Dopo una breve conversazione sul numero in uscita, fu deciso che la notizia sarebbe stata pubblicata sulla pagina della cronaca  per testare  la reazione dei lettori. Intanto Titti avrebbe seguito la sua pista per conoscere esattamente la situazione della gattina e della famiglia con cui stava; successivamente avrebbe fatto uscire un secondo articolo completo! Finito l’incontro, Titti uscĂŹ dalla sala riunioni e andò alla sua postazione; Vico la affiancò e le disse:- Molto interessante la tua storia! Se vuoi, quando sarĂ  il momento, verrò con te e faremo un servizio fotografico completo! –

Titti uscì dalla sala riunioni e andò alla sua postazione; Vico la affiancò e le disse:- Molto interessante la tua storia! Se vuoi, quando sarà il momento, verrò con te e faremo un servizio fotografico completo! –

La giovane ne fu lusingata e rispose: – Mi sembra un’ottima idea ma prima devo riuscire a contattare la famiglia dove vive la gattina. Intanto pubblichiamo la notizia in breve ed entro i prossimi quindici giorni spero di fare l’intervista! Adesso mi attacco al telefono per rintracciarli. Poi ti farò sapere!- -D’accordo! Tienimi informato! – rispose Vico e se ne andò in ufficio  riprendendo il suo lavoro. Vico era un bell’uomo di quasi quarant’anni, alto e moro, segretamente innamorato di quella giovane donna dal temperamento forte e ambizioso ed era felice di poter collaborare con lei. La settimana stessa nella rivista cartacea e on-line ” Verona comunica” fra le piĂš lette in cittĂ , uscĂŹ il seguente trafiletto di cronaca:

” Stupore in platea al Teatro Filarmonico.

Gatta canta aria d’opera.

Ma il direttore non ci sta !    

   

A Verona, durante la prova generale del Nabucco, una gattina è salita sul pianoforte e si è messa a miagolare un’aria dell’opera lasciando a bocca aperta i presenti. Solo il direttore d’orchestra si è dimostrato ostile, cacciando via la canterina, subito soccorsa da alcune persone. Approfondimenti in una prossima edizione della rivista. –

La settimana stessa nella rivista cartacea e on-line ” Verona comunica” fra le piĂš lette in cittĂ , uscĂŹ il … trafiletto di cronaca: che raccontava della gattina canterina…

L’articolo venne letto con curiositĂ  da moltissime persone e giunse inaspettatamente all’attenzione di un personaggio molto importante… (Il racconto continua…) -tutti i diritti riservati-

 

 

Sesta puntata della storia di Alina canterina la gattina che aveva un sogno!

Carissimi amici, bambine e bambini come avete trascorso la Santa Pasqua? Spero siate stati bene con i vostri cari, parenti e amici e che abbiate vissuto un tempo in cui ritrovare energia e pace interiore. Oggi continuiamo la storia di Alina. L’aspettavate? … Qualcuno mi ha scritto sollecitandomi, preoccupato che mi fossi dimenticata! Ma no! Eccoci qui alla scoperta delle nuove vicende dei nostri amici e di nuovi personaggi!

Un grande abbraccio dalla vostra Maestra Mariachiara 💗🌞🎵🌈

STORIA DI ALINA CANTERINA DEI SUOI SIMPATICI AMICI E DI UN SOGNO di M. Varago

MUZIO INVESTIGATORE D’ONORE – SESTO CAPITOLO

Mamma gatta coi suoi piccoli era arrivata davanti al portone d’ingresso e s’era fermata appena dentro, accanto al muro, per contarli mentre passavano salendo la gradinata: – Uno, due, tre… e il quarto?… Dov’era finito?… – C’erano i tre maschietti… Mancava solo… Alina!  Mamma gatta che di nome faceva MilĂš, accompagnò fino al quinto piano i suoi micetti.          

                                                                       

C’erano i tre maschietti! Mancava solo Alina!

La padrona di casa li fece entrare e loro andarono subito a bere dalle ciotole dell’acqua. – Voi state qui buoni e riposate. Io torno indietro a vedere dove è finita vostra sorella! – E con fare lesto, saltò velocemente giù dalla scala a due, tre gradini alla volta, finchè si ritrovò in strada. Mamma Milù era preoccupata e aveva il fiatone da quanto correva veloce per ripercorrere a ritroso tutta la via in cerca della sua gattina. Ma niente! In ogni angolo, in ogni cassonetto, in ogni viuzza, Alina non c’era. Tornò anche al “Caffè degli Artisti”: era pieno di gente che andava e veniva ma di Alina neppure l’ombra. Allora pensò di andare all’ “Ufficio Gatti smarriti” dove lavorava zio Muzio. Questo era un gatto nero, un po’ spelacchiato con una cicatrice che gli chiudeva un occhio e l’altro, verde smeraldo, affilato come una lama; aveva fatto una lotta furiosa con un doberman per difendere una vecchia gatta inerme e si vantava di averla spuntata contro quel molosso! L’aria misteriosa che lo caratterizzava, incuteva timore a chiunque lo incontrasse per la prima volta ma in realtà zio Muzio era buono come il pane e aveva un cuore tenero come il burro. Faceva del suo lavoro una missione, un punto d’onore nel riportare ai propri cari, i gatti smarriti, soprattutto i cuccioli che più facilmente degli altri, si perdevano.

Zio Muzio investigatore d’onore

MilĂš entrò affannata e affranta alla bettola e lo vide sotto la scala. Nel locale suonava una coinvolgente musica celtica un quartetto d’archi di gatti suonatori irlandesi che giravano l’Europa. Zio Muzio indossava un cappello scuro logoro a falda larga e gli scendeva dal collo una cravatta grigia con una righina gialla.

Sembrava arrabbiato e stava mollemente adagiato sul banco sopra cui campeggiava la targa in legno: “Ufficio Gatti smarriti”. A dispetto della cecitĂ  da un occhio, zio Muzio era un investigatore bravo come pochi e mamma MilĂš lo sapeva.                                                               – Zio Muzio! Zio Muzio!- lo chiamò concitata.                                      Zio Muzio la guardò preoccupato:- Mia cara MilĂš, che cosa succede?-

Si è persa Alina stamane! Alla prima uscita coi miei piccoli! Sono disperata! – Zio Muzio si fece serio, serio e volle che le raccontasse tutti i fatti: dall’inizio alla fine e dalla fine all’inizio, soffermandosi su ogni particolare. Mamma gatta non aveva fatto un lungo tratto di strada, quindi tutto si era svolto tra l’antico caseggiato dove abitava MilĂš coi suoi piccoli e l’Arena, fino al “Caffè degli Artisti”. MilĂš era la figlia di sua sorella ed era sempre stata una brava micia, gentile e a modo. Avrebbe fatto di tutto per aiutarla!

MilÚ la mamma di Alina è molto preoccupata.

Chiamò il suo fido compagno Mellom, un gatto tarchiato dalla voce bassa, roca e dagli occhi profondi e neri. La sua pelliccia era rossa con striature chiare e i baffetti aguzzi come spilli. Indossava una coppola in testa e teneva sul braccio una vecchia palandrana usurata. Il suo aspetto era severo.       

Mellom era un gatto tarchiato dalla voce bassa, roca e dagli occhi profondi e neri.

   Muzio gli spiegò l’accaduto insieme a MilĂš e lui annuĂŹ con il capo. Infine, i due detective diedero istruzioni a MilĂš: – Torna a casa! Bada ai tuoi piccoli. Avvieremo subito un’indagine. Verremo noi da te e ti terremo aggiornata! –  CosĂŹ dicendo uscirono di corsa dal loro Ufficio lasciando mamma gatta con la speranza di rivedere presto la sua figliola! (Il racconto continua…) -tutti i diritti riservati-